Casta Diva: canta... la tromba di Fresu

Alla Sala Verdi del Conservatorio sotto l’egida di Area M

Paolo Fresu

Paolo Fresu

Milano, 2 luglio 2019 - Casta Diva. La tromba di Paolo Fresu si fa primadonna nella “Norma in jazz” che il trombettista sardo porta domani sera (21.30) alla Sala Verdi del Conservatorio sotto l’egida di Area M per alzare lo sguardo verso la pallida protagonista “senza nube e senza vel” della più celebre aria belliniana. Centottantotto anni dopo il suo (controverso) debutto alla Scala, “Norma” continua a stupire e stavolta lo fa grazie a Fresu, agli arrangiamenti di Paolo Silvestri, in scena pure nei panni di direttore di questa particolarissima rivisitazione, e dell’Orchestra Nazionale Jazz dei Conservatori. «Quando due anni fa Silvestri, che stava lavorando a Catania con l’Orchestra del Mediterraneo ad una rivisitazione di arie belliniane, mi propose ‘Norma’ non seppi dire di no», spiega Fresu. «Non sono un gran melomane, ma appassionato di melodia sì e, sotto questo aspetto, è difficile rimanere indifferenti alla straordinaria bellezza della partitura di Bellini».

Come s’è trovato ad interagire con l’opera lirica?

«Molto bene. Anzi, così entusiasta da inserire questa rivisitazione pure nel cartellone del Festival di Berchidda. Dall’esperienza nascerà pure un album, che la mia etichetta Tuk Music pubblicherà ad ottobre».

La voce strumentale della sua tromba al posto della Callas o della Caballé fa un certo effetto.

«La tromba è lo strumento molto vicino alla voce umana, così quando Silvestri mi ha spiegato quali fossero a suo avviso le arie più giuste da interpretare, sono andato a risentirmi le versioni storiche per capire che approccio avessero certe grandi voci con quelle arie».

La sfida sta nel sostituire il suono alla parola.

«La drammaticità di Casta Diva viene sia dalla melodia, straordinaria, che dal testo, dal libretto di Felice Romani. Cercare di sostituire la tessitura del racconto testuale con l’intensità e la profondità del suono. Un’opera difficile, ma non impossibile».

Il riferimento più immediato è Porgy and Bess di George Gershwin interpretata da Miles Davis e arrangiata da Gil Evans. Ma anche la Carmen di Rava.

«Toccare l’opera, come pure la classica, è rischioso. Ma con Bellini, cosi come con Monteverdi, Bach o Hendel, quello che m’interessa è il rispetto melodico del brano, perché non ha senso snaturare pagine così belle. In questo il ruolo dell’arrangiatore è importantissimo come dimostra il Porgy and Bess di Evans».

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