DIEGO VINCENTI
Cultura e Spettacoli

Lella Costa, la milanese: "La mia città ha più anime (alcune le sta perdendo). Il teatro è baluardo di libertà"

L’attrice e direttrice del Carcano: le donne reclamano diritti, non elargizioni. "Crescono le diseguaglianze, ma fatico a generalizzare: vedo segnali positivi"

Lella Costa

Lella Costa

Ironia ed eleganza. Perfino durante le risse politiche in tv. Ma d’altronde Lella Costa è quarant’anni che prova a raccontare con il sorriso cosa ne pensa del mondo (e del patriarcato). In dialogo costante con la sua Milano. Figurarsi ora, codirettrice del Teatro Carcano insieme a Serena Sinigaglia e Mariangela Pitturru. Lavoro ramificato. In bilico fra visionarietà, scartoffie, rappresentanza. Come l’altro ieri alla Casa degli Artisti. Dove l’attrice ha presenziato alla consegna del Premio Milano Donna del Comune.

Costa, le associazioni vincitrici lavorano sui temi che lei indaga da una vita.

"Infatti è stata una bella occasione per tornare a chiacchierare del femminile e per interrogarsi su cosa può fare la nostra città. Perché è una questione di diritti e non di elargizioni. Non tutto è perfetto, anzi. Ma Milano qualche passettino lo fa ed è una realtà con cui si può interloquire".

Cosa sente più urgente?

"Spiegare bene alle donne in difficoltà a chi si possono rivolgere, che non sono sole".

Il problema maggiore?

"La diseguaglianza sociale. Che a Milano si traduce in bellissime riqualificazioni che purtroppo poi si trasformano in quartieri di ristoranti, come è successo in Isola. A fianco di zone considerate terre di nessuno, dove le istituzioni non mettono piede. Allo stesso tempo mi auguro che i cittadini si rendano conto che la personalizzazione dei problemi con Sala è un po’ ridicola. Che ci sia un tombino intasato o uno scipero dei taxi, sembra sempre colpa del sindaco".

Ma non ha l’impressione che la città abbia perso la sua anima?

"Fatico a generalizzare. Ci sono vicende come quella del Beccaria che riempiono di dolore e smarrimento. Poi abbiamo esempi che raccontano una storia diversa, come il lavoro sul territorio di Serena Sinigaglia e Atir per “El nost Milan“. Forse Milano ha molte anime, alcune le sta perdendo ma altre resistono e vanno protette".

Come va al Carcano?

"È un ruolo che vivo con passione, più semplice rispetto a quelli di Pitturro o delle ragazze dello staff che portano concretamente avanti il teatro. Stiamo cercando di proporre alcune incursioni nel nuovo senza perdere di vista il nostro pubblico, ma le spettatrici mi sembrano soddisfatte. E si vivono momenti molto belli, come quando abbiamo ospitato Giovanna Botteri".

Sul palco?

"Mi sento a casa. Quello che mi commuove è il fatto di proseguire nel tempo sentendomi sempre ascoltata, pur sapendo che chi sceglie il teatro, sceglie di non piacere a tutti. Rimane il luogo della libertà reciproca".

Quando ha cominciato si gettò nella giungla del cabaret, settore all’epoca parecchio maschilista.

"È stata l’opportunità di riconoscere una vocazione. I miei inizi coincisero inoltre con l’esplosione della comicità negli anni 80, la domanda era tale per cui dovettero rassegnarsi a coinvolgere anche qualche donna. Il cabaret come il mondo tutto è progettato sul maschile. Noi cerchiamo di modificare il paradigma".

Maestre?

"Franca Valeri, Franca Rame, la grazia infinita di Monica Vitti hanno tracciato una via. Io ho scelto per prima la stand up, di propormi senza la mediazione di un personaggio, esponendomi tantissimo. Un codice che oggi altre possono seguire".

Si espone parecchio anche in tv.

"Non mi trovo benissimo nelle tribune politiche ma Floris mi garantisce che serve. Lui è incredibile, sempre calmo e sorridente nel gestire la plaza de toros. Per me poi c’è qualcosa che riguarda la militanza, specie in questo periodo così sconfortante".

Ha fatto sorridere commentando gli uomini di Giorgia Meloni.

"Povera, è oggettivamente sfortunata nello sceglierli".

Cosa la infastidisce di questo periodo?

"Lo svilimento dei ruoli, delle istituzioni, della politica. La ricerca del consenso che passa dall’apparenza. Il candidarsi a un ruolo europeo che non si intende ricoprire, solo per una questione di voti, sacrificando il lavoro sul territorio dei militanti".

La vicenda Toti?

"Disgustosa. Come disgustose e forse inutili mi sembrano certe intercettazioni che non entrano nel merito dei reati ma dei peccati, dove per altro emerge ancora una volta un vergognoso schema patriarcale. Quello che poi mi fa rabbia è che gli scandali sono ovunuque e tutti sono coinvolti, in varia misura. Mentre io vorrei che la “mia“ parte fosse perfetta e impeccabile".

La perfezione mi pare un obiettivo ambizioso.

"Sì, meglio l’impeccabilità. La perfezione mi tradisce come figlia del secolo scorso".