Vullo, 9 anni contro la ’ndrangheta

Il luogotenente lascia Buccinasco per Monza. Anche grazie al suo lavoro il riscatto dell’ex “Platì del nord“

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di Francesca Grillo

Si dice che per fare il carabiniere in un territorio difficile ci voglia spina dorsale. Per comandare una stazione, ci vuole coraggio. Al luogotenente Vincenzo Vullo non è mai mancato. Davanti ai boss mafiosi, ai criminali, ai killer, ai feroci narcos che hanno continuato a imbastire gli affari nella tristemente nota “Platì del Nord”. A Buccinasco, dove gli inquirenti hanno sempre sottolineato come la ‘ndrangheta si sia potuta insediare a causa di una "assai affievolita resistenza civica". Una resistenza che, negli anni, le persone hanno maturato. Hanno ricominciato a crederci, anche grazie al lavoro della gente per bene e a chi ha svolto un lavoro senza compromessi.

Il luogotenente Vullo lascia dopo 9 anni il comando di una delle stazioni collocate in "terreni ostili". Un bagaglio di esperienza importante che si è portato dietro: da qualche giorno è già comandante di stazione a Monza. Vullo, 52 anni, origini siciliane, ha iniziato la carriera oltre 30 anni fa a Milano in diversi reparti dell’Arma. Comandante di stazione a San Donato (dal 2004), poi è passato al Nucleo informativo di Milano, poi ancora al comando di Novate e alla guida di Buccinasco dal 2013. Un comandante che ha combattuto da vicino la ‘ndrangheta, attraverso lo studio delle famiglie che hanno piantato le loro radici tossiche. Sue le indagini, i contributi essenziali, considerando la conoscenza dettagliata del territorio, nelle inchieste antimafia. Sue le relazioni sui boss, sulle pompe di benzina poi chiuse con le interdittive. Sue le carte per mettere in luce le "concrete connessioni con la criminalità organizzata" che hanno fatto chiudere i locali mafiosi, o le testimonianze sui comportamenti scorretti che hanno rimandato in galera i boss.

Non solo mafia. L’impegno del luogotenente è stato soprattutto in mezzo alle persone, tra gli anziani, quando organizzava gli incontri antitruffe, o quando portava a casa loro la pensione, i sacchetti della spesa, in periodo Covid. E ancora, le indagini lampo sui furti (come quello di quasi 70 fucili da un’azienda), rapine e maltrattamenti. Sensibile al tema, ha aiutato decine di donne che si sono rivolte ai carabinieri perché vittime di violenze. Suoi anche gli accertamenti che hanno portato all’arresto di un pericoloso molestatore di ragazzine. Durante la tradizionale lettura dei nomi delle vittime di mafia, ci teneva a leggere quello di Carlo Alberto Dalla Chiesa. Perché aveva fatto suo l’impegno e le parole del generale: "Certe cose non si fanno per coraggio, si fanno solo per guardare più serenamente negli occhi i propri figli".

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