Ucciso e murato a Senago: Serio resta in cella

Il giudice nega la scarcerazione del 45enne anche se, secondo il cugino pentito, non avrebbe preso materialmente parte all’omicidio

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di Stefania Totaro

"Nella sua ricostruzione dell’omicidio, il pentito non fa cenno a Francesco Serio sulla scena del delitto". Ma la richiesta di scarcerazione dell’imputato per il murato di Senago viene respinta. A presentarla l’avvocata Roberta Minotti ai giudici della Corte di Assise di Monza, dove è in corso il processo per l’assassinio di Astrit Lamaj, l’albanese scomparso a 42 anni nel gennaio 2013 e rinvenuto cadavere nel gennaio 2019 dentro un antico pozzo artesiano del residence in ristrutturazione Villa degli Occhi a Senago. Per il collaboratore di giustizia Carmelo Arlotta, l’albanese è stato attirato con la scusa di una compravendita di marijuana in un box a Muggiò, stordito con un colpo contundente e poi strangolato con un filo di nylon ed è stata Carmela Sciacchitano, 63 anni, siciliana residente a Genova, la mandante dell’assassinio. Lei ha scelto con altri coimputati il rito abbreviato, mentre al dibattimento sono Francesco Serio, 45enne di Muggiò cugino di Arlotta e Cosimo Mazzola, 54enne muggiorese, imputato solo di soppressione di cadavere.

"La mattina dell’omicidio mi ha telefonato il mio compare Beppe Cammarata e mi ha detto di passare da lui. Ho telefonato a mio fratello Angelo e lui mi ha detto che avevano chiamato anche lui e che stava arrivando insieme a nostro cugino. Quando sono arrivato, nel box c’erano Beppe e l’albanese. Appena ho salutato, Beppe ha dato all’albanese un paio di bastonate per stordirlo. Poi ha preso un laccio di nylon, l’ha fatto mettere in ginocchio e l’ha strangolato. Ero arrabbiato perchè non mi avevano avvisato di quello che volevano fare, ma mi è stato detto di caricare l’albanese in auto e farlo sparire". Secondo Carmelo Arlotta "nel box c’era un cellophane, l’abbiamo avvolto e messo nella Golf di Beppe. Angelo e Franco erano sul passo carraio. Mi sono messo alla guida della Golf e ho detto a mio fratello di seguirmi. Ho raggiunto la casa a Muggiò che avevo dato per abitarci a mio cugino e con l’aiuto di Francesco ho scaricato dentro il corpo e l’abbiamo avvolto in una coperta e poi in un sacco della spazzatura e l’abbiamo lasciato lì. Il problema era come disfarsene. Subito ho pensato di abbandonarlo per strada, ma poi mi è venuto in mente che c’era il vecchio pozzo artesiano di Villa degli Occhi. Quell’edificio l’abbiamo ristrutturato io e Mazzola con un altro e ci stavano ancora lavorando per delle perdite d’acqua".

L’avvocata Minotti difende Francesco Serio e, alla luce di questa ricostruzione fatta in aula dal pentito, ha chiesto la scarcerazione del suo assistito che dunque non avrebbe partecipato materialmente all’esecuzione. Il pm ha dato parere negativo e i giudici hanno respinto l’istanza, ritenendola prematura con il processo ancora in corso.

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