"Spettatori o manovali" I rischi dell’alternanza

I sindacati chiedono di riformare il sistema: più controlli sui progetti. L’obiettivo fallito dell’inserimento, il 18% degli under 29 non studia e non lavora

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di Andrea Gianni

Studenti parcheggiati nelle aziende, “spettatori“ senza la possibilità di interagire con dipendenti e responsabili, oppure utilizzati come "semplice manovalanza a costo zero". Storture dell’alternanza scuola-lavoro, introdotta dal 2003 e resa obbligatoria dal 2015 per tutti gli studenti degli ultimi tre anni delle scuole superiori, licei compresi. Un sistema, presentato come "modalità didattica innovativa" dalla legge 107 del 2015, la Buona scuola, con l’obiettivo di collegare istruzione e mondo del lavoro, finito nel mirino degli studenti che venerdì scorso hanno manifestato a Milano e in altre città d’Italia. Due tragedie - la morte del 18enne Lorenzo Parelli nell’ultimo giorno di alternanza scuola-lavoro in Friuli e la morte del 16enne marchigiano Giuseppe Lenoci a causa di un incidente stradale durante un tirocinio - hanno messo sotto la lente il tema della sicurezza e dei controlli sui progetti. "L’alternanza scuola-lavoro dovrebbe essere un metodo innovativo – spiega Vittorio Sarti, segretario generale della Uilm Milano, il sindacato dei metalmeccanici Uil – ma purtroppo in Italia si rischia di rovinare anche le buone prassi. Spesso e volentieri i ragazzi vengono utilizzati come semplice manovalanza a costo zero e il risultato è la tragedia di infortuni mortali che colpiscono chi nel mondo del lavoro non è ancora entrato. Gli studenti devono poter entrare nelle aziende per conoscere da vicino il mondo del lavoro, ma non devono essere considerati ai fini della produzione a discapito delle loro vite".

Enzo Greco, segretario della Cgil di Milano, evidenzia i "limiti" di un sistema "applicato con modalità non omogenee e a geometria variabile". "Rischia di essere un periodo inutile, tempo gettato via – spiega – oppure aprirle la strada a rischi, con la conseguenza di gravissimi infortuni. l’alternanza va ripensata e riprogettata, con verifiche accurate sui progetti e una relazione più ampia fra scuole, imprese, servizi di prevenzione. Relazione che coinvolga anche i sindacati durante tutto il percorso". Gli abusi, infatti, restano nascosti, soprattutto nelle imprese dove i sindacati non sono presenti. "Quando i ragazzi hanno un problema non sanno a chi rivolgersi – sottolinea Greco – anche perché manca una conoscenza dei diritti. L’obiettivo di facilitare l’ingresso dei ragazzi nel mondo del lavoro in generale è fallito". Fallimento che traspare anche dal numero, elevatissimo anche nella Lombardia “locomotiva d’Italia“, dei cosiddetti Neet. Vivono nella regione, secondo uno studio della Fondazione Cariplo, 230mila giovani di età compresa tra 15 e 29 anni che non studiano e non lavorano. Solo nella Città metropolitana di Milano la quota di Neet sulla popolazione giovanile è del 18%.

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