Reddito di cittadinanza, il 50% dei beneficiari esonerato dal lavoro

Sono state prese in carico solo 4.482 persone e la metà non è obbligata a ricollocarsi: "Tra i motivi la cura dei familiari"

Reddito di cittadinanza: è il momento della "riforma"

Reddito di cittadinanza: è il momento della "riforma"

Milano, 17 ottobre 2020 - Un’altra partita da affrontare è quella del reddito di cittadinanza, con di fronte mesi decisivi per dare una scossa a una misura che rischia il definitivo flop, soprattutto sul versante del reinserimento nel mondo del lavoro. Secondo dati di fine settembre, sono 33.256 i beneficiari del reddito che devono essere presi in carico dai centri per l’impiego della Città metropolitana. Fra questi, oltre la metà fa riferimento al centro per l’impiego di Milano, mentre gli altri sono distribuiti nei Comuni dell’hinterland. Dall’avvio della misura, oltre un anno fa, sono stati convocati 10.287 beneficiari, di cui si sono presentati alla prima convocazione 6.213. Sono state prese in carico 4.482 persone: circa il 50% ha sottoscritto il patto di servizio per il ricollocamento e i rimanenti sono stati esclusi "in quanto non obbligati all’attivazione o esonerati temporaneamente per situazioni particolari, come ad esempio i carichi di cura familiari".

Numeri ancora bassissimi, anche per effetto dell’emergenza sanitaria che ha di fatto congelato le procedure, rispetto all’obiettivo ambizioso del provvedimento bandiera del M5s di sconfiggere povertà e disoccupazione. Di fatto quasi tutti i beneficiari stanno percependo il sussidio senza lavorare, compresa la quota di persone a carico dei Comuni per svolgere lavori di pubblica utilità. Palazzo Marino avvierà un progetto per impiegare i beneficiari del reddito di cittadinanza per misurare ogni giorno la temperatura a utenti e dipendenti all’ingresso di alcuni uffici comunali. L’obiettivo è quello di coinvolgere circa 200 persone, in attesa che partano anche a Milano i Progetti Utili alla Collettività (Puc), sui quali è in corso un’intelocuzione con altri grandi Comuni e con il ministero del Lavoro per creare un sistema il più organico possibile. Piani sui quali incombe l’incognita dell’emergenza sanitaria, con nuovi lockdown che potrebbero far tornare tutto al punto di partenza. I beneficiari sono tenuti a svolgere Progetti utili alla collettività nel comune di residenza per almeno 8 ore settimanali, aumentabili fino a 16. Un obbligo che però finora è rimasto solo sulla carta, con una situazione già segnata da incertezze, ritardi ministeriali e caos sugli elenchi. E in quei Comuni dove sono stati avviati progetti extra-bando destinati ai beneficiari del sussidio, coinvolti in attività di assistenza o di cura del territorio, le adesioni volontarie non sono state numerose.

Risultati poco incoraggianti, anche al netto del terremoto provocato dalla pandemia sul mondo del lavoro. La misura sarà sottoposta a "un tagliando" necessario, secondo il ministro Luigi Di Maio, per correggere almeno l’efficacia delle misure per l’impiego. I dati, infatti, segnalano due criticità: su una platea di un milione e duecentomila percettori di sussidio in grado di lavorare in Italia, i navigator (nuova figura professionale con il compito di aiutare i beneficiari a trovare lavoro) hanno presentato solo 220mila offerte di impiego, e i progetti comunali per lo svolgimento di lavori utili sono in gran parte ancora in alto mare.  

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