Milano, il parkour dilaga fra i giovanissimi

Boom di iscritti ai corsi del gruppo Milano Monkeys

Jurij Fasoli, Matteo Gabusi e Alessandro Milion durante un allenamento (NewPress)

Jurij Fasoli, Matteo Gabusi e Alessandro Milion durante un allenamento (NewPress)

Milano, 24 ottobre 2017 - Venticinque corsi, ognuno tra i 15 e i 20 iscritti per cinque fasce d’età, dai bambini di cinque anni agli over 18. Da quando il gruppo Milan Monkeys, pioniere del parkour a Milano, ha la sua sede alla palestra Total Natural Training, le iscrizioni ai corsi di questa disciplina sono esplose: «Ogni volta aumentano del 20 per cento – racconta Alessandro Milion –, anche quest’anno siamo pieni. E pensare che è iniziato tutto per caso, ognuno di noi viene da un percorso ed esperienze diverse. Io avevo lasciato la scuola superiore, terza Itis grafico e avevo molto tempo libero. Ho cominciato a praticare il parkour e ho conosciuto i Milan Monkeys, sono l’ultimo entrato nel gruppo». Ora ha 24 anni e questo è diventato un lavoro a tempo pieno: da mezzogiorno alle 21 è nella palestra di via Val Maira, dove oltre al parkour si insegnano e praticano la box e il fitness. Un edificio che doveva ospitare delle piste da bowling, ma è rimasto vuoto per dodici anni, «perché sbagliarono le misure dell’edificio – sorride Milion – qualcuno propose di farci un negozio per la vendita di articoli natalizi, ma alla fine il Comune lo diede a noi per farne una palestra polifunzionale», quella che da tre anni è il ritrovo del gruppo di cultori del parkour più grande d’Italia. «Una volta imparata questa disciplina si può praticare ovunque in città, bastano un muretto o un marciapiede – racconta Jurij Fasoli, un’altra “scimmia” del gruppo –. I luoghi migliori a Milano sono per esempio Bicocca, Sant’Ambrogio, Porta Genova, oppure fuori dalle stazioni dei treni».

«Il parkour è innanzitutto un confronto con se stessi – spiega Francesco Mazzù, il più giovane del gruppo originario di Milan Monkeys – In base all’età si avrà un diverso modo di misurarsi con la paura, la noia, il gioco. Da giovane salti a due metri di altezza, più avanti fai gli stessi salti da terra, ma lo stato mentale non cambia». I bambini sono più incoscienti? «No, al contrario: quando li poni di fronte a una situazione di rischio in un clima sorvegliato, non giocoso, sono i primi a rendersi conto dei propri limiti. In palestra insegniamo proprio questo: a conoscere se stessi e capire i propri limiti». Se infatti a uno sguardo esterno il parkour sembra un’attività pericolosa, in tanti anni di attività non sono mai accaduti gravi infortuni: «Nel basket o nella pallavolo ci sono molti più infortuni in fase di atterraggio che nel parkour, nonostante la nostra disciplina sia basato proprio sull’atterraggio. Perché in quegli sport pensi alla palla e al gioco, mentre quando noi saltiamo non possiamo permetterci di pensare ad altro: la componente di gioco nel parkour è molto minore che negli altri sport».

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