Del Vecchio e le Case minime che non ci sono più

Tra le vie Forze Armate e Creta l’infanzia del “re degli occhiali”. Stupore degli abitanti: "Davvero ha vissuto qui?". Appello per dedicargli un parco

Leonardo Del Vecchio

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Milano - "Leonardo Del Vecchio abitava qui? Ma chi, il miliardario?". Occhi spalancati per la sorpresa e volume della voce che si alza facendo voltare passanti incuriositi. Ecco la reazione in via Forze Armate, cercando tra i cittadini con i capelli bianchi un ricordo, un aneddoto che riguardi il patron di Luxottica morto due giorni fa a 87 anni. Pochi sanno che trascorse la sua infanzia alle “Case minime“ di Baggio, tra via Forze Armate e via Creta, fino a 7 anni. Quando mamma Grazia, rimasta vedova e con 4 figli, operaia alla Borletti, chiese al collegio dei Martinitt (all’Ortica, dall’altra parte della città) di accettare il suo bambino. Voleva salvare da una vita randagia il suo figlio più piccolo, vivacissimo, che senza un punto di riferimento adulto era esposto ai pericoli della strada e alle cattive compagnie mentre lei lavorava in fabbrica.

Un giorno, come è raccontato sul libro-biografia “Leonardo Del Vecchio“ di Tommaso Ebhardt, la donna lo portò di corsa all’ospedale militare di Baggio, a due passi, perché gli medicassero una ferita sul sopracciglio che si era provocato cadendo dalle scale (che saliva e scendeva di corsa insieme agli amichetti e sulle quali una vicina spazientita aveva rovesciato secchiate d’acqua). Ora di quel mondo di “Case minime“, chiamate così perché costruite con la logica del massimo risparmio, senza neppure le fondamenta e le finiture, non è rimasto più nulla. Sono state demolite tra il 1976 e il 1985 e, al loro posto, sono nati altri complessi popolari tra i civici 179 e 185. Per la famiglia Del Vecchio, che prima abitava in una casa di ringhiera in zona corso Como, senza neppure il bagno in casa, trasferirsi a Baggio aveva rappresentato un miglioramento.

Era il 1934 quando quest’area dell’estrema periferia ovest fu scelta per ospitare quei caseggiati, mentre in altri quartieri di Milano nascevano agglomerati residenziali dello stesso tipo per dare un tetto ai migranti (la famiglia Del Vecchio arrivava dalla Puglia). In via Forze Armate il complesso era composto da dieci edifici di tre piani a corpo allungato per un totale di 681 alloggi. Al centro, una cappella votiva dedicata all’Immacolata Concezione. Un punto di riferimento anche per i partigiani, che sul finire del 1943 fondarono proprio alle Case minime la 112° Brigata Garibaldi. Il 26 aprile 1945, il fermo di un’automobile di tedeschi da Torino fu la scintilla di un cruento scontro a fuoco nel quale, oltre ai quattro occupanti della vettura, morì il partigiano Ernesto “Gino” Visconti, che della brigata era vice-comandante. Chissà se Leonardo Del Vecchio bambino lo aveva conosciuto.

Ma quel mondo scomparso resta vivo nelle cartoline e nei documenti dell’epoca, esaminati da Giorgio Uberti, ricercatore freelance e public historian. "Le Case minime di Baggio, a dispetto del loro nome, sono state una straordinaria fucina di variegate esperienze sociali. Snodo storico dell’azione antifascista, luogo di memoria del dramma dell’Olocausto, come ricordano oggi alcune pietre d’inciampo. Officina domestica delle lotte operaie nel dopoguerra e del decentramento che si fa città". Un fermento che respirò anche Del Vecchio. Che partendo dal nulla è riuscito a fondare un impero. Perché non lasciare un segno di lui, nel quartiere che lo ha visto crescere? "È un chiaro esempio imprenditoriale per i milanesi. Proponiamo di intitolare il Parco di Baggio a Del Vecchio", dichiarano Samuele Piscina, consigliere comunale leghista di Milano, e Lucrezia Ferrero, consigliera di Municipio 7.

 

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