Operai morti alla Lamina, il titolare risarcisce tutte le famiglie delle vittime

L'avvocato: "Un risultato di grande rilievo". A breve verrà fissata la data dell'inizio dell'udienza preliminare

L'ingresso della Lamina spa

L'ingresso della Lamina spa

Milano, 23 novembre 2018 -  Ha risarcito le famiglie di tutti e quattro gli operai morti, il 16 gennaio scorso all'interno della sua azienda metallurgica a causa di una fuoriuscita di gas argon nella vasca di un forno, il titolare della Lamina Roberto Sanmarchi, accusato di omicidio colposo plurimo con l'aggravante di aver commesso il fatto in violazione della normativa in materia di sicurezza sul lavoro.

Già lo scorso giugno si era saputo che Sanmarchi, difeso dall'avvocato Roberto Nicolosi Petringa, aveva risarcito i familiari di una delle vittime, Giuseppe Setzu, e poi erano state chiuse anche le transazioni extraprocessuali con le famiglie dei fratelli Arrigo e Giancarlo Barbieri, anche loro dipendenti della Lamina. Ora sono stati risarciti anche i familiari di Marco Santamaria, elettricista di una ditta esterna.  "In una tragedia di questa portata - ha spiegato l'avvocato - essere arrivati in 10 mesi a risarcire le famiglie è un risultato di grande rilievo dal punto di vista umano e della solidarietà e anche processuale, perché ci permette di affrontare il procedimento con più serenità".

Di recente la Procura di Milano ha chiesto per lui il rinvio a giudizio.​  A breve verrà fissata la data dell'inizio dell'udienza preliminare. Non è escluso che il titolare dell'azienda, anche alla luce dei risarcimenti, possa provare a patteggiare la pena. L'inchiesta aveva evidenziato una serie di falle nei sistemi di sicurezza della fabbrica. Lamina non si sarebbe attenuta agli standard previsti dalla legge "procurandosi così un vantaggio patrimoniale rappresentato dal risparmio di spesa". E dunque "per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia e inosservanza delle norme sulla prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro" sarebbero morti uno dopo l’altro in pochi minuti i fratelli Arrigo e Giancarlo Barbieri, Giuseppe Setzu e Marco Santamaria in quel maledetto pomeriggio del 16 gennaio scorso. Secondo gli esperti incaricati, il forno per la lavorazione dei metalli in cui i lavoratori rimasero asfissiati era difettoso. Non funzionavano regolarmente né la centralina né il condotto di erogazione del gas argon. E altre altre falle erano nell’organizzazione e nei protocolli di soccorso. I due operai intervenuti in aiuto dei colleghi che si trovavano già nel forno non erano consapevoli del rischio che stavano correndo nel loro generoso tentativo. Non indossavano maschere antigas e non avevano ricevuto sufficiente formazione per fronteggiare in sicurezza simili emergenze.

Stando alla ricostruzione degli inquirenti, quel giorno il primo a entrare nella fossa del forno fu l’elettricista Santamaria, per eseguire una manutenzione sulla centralina elettrica. Poco dopo fu seguito da Arrigo Barbieri e poi dal fratello Giancarlo, che si precipitò vedendo i due colleghi privi di sensi e riversi sul fondo del forno. Fu lui a lanciare l’allarme, ma nel tentativo di prestare soccorso svenne pochi secondi dopo sul corpo del fratello. L’ultimo a scendere fu Setzu, che per colpa del livello del gas che stava ormai salendo, perse improvvisamente i sensi a metà della scala che conduceva sul fondo.

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