Operai morti alla Lamina, consulenza: "Falle al sistema di sicurezza"

Lo scorso 16 gennaio, una fuoriuscita di gas argon ha portato alla morte di quattro lavoratori

L'ingresso della Lamina spa

L'ingresso della Lamina spa

Milano, 22 maggio 2018 - La strage alla Lamina Spa, stabilimento milanese della fabbrica metalmeccanica, è stata causata da "falle nel sistema sicurezza". A causare la morte dei quattro operai, lo scorso 16 gennaio, sarbbero dunque stati errori e mancanze nella gestione del rischio da parte dell'azienda. A dirlo è la consulenza tecnica che era stata chiesta dalla procura e che è stata depositata nei giorni scorsi.

Da quanto si è saputo, dal documento, firmato dal perito Battista Magna e disposto dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e dai pm Maria Letizia Mocciaro e Gaetano Ruta, sarebbero emerse gravi lacune nei sistemi e nelle procedure di sicurezza della fabbrica, anche se non è ancora del tutto chiara la concatenazione degli eventi che ha portato all'incidente. L'inchiesta aveva già accertato che l'allarme, a differenza di quanto si era supposto all'inizio dell'indagine, quel giorno suonò al mattino e venne probabilmente disattivato. Particolari confermati anche dalla consulenza. Una 'mano' avrebbe aperto la valvola del gas dando vita alla fuoriuscita di argon, ma non si è potuto accertare al momento chi l'abbia fatto e perché.

Per ora, è stato ricostruito che l'allarme, che doveva segnalare la presenza dell'argon nella vasca del forno per la lavorazione dei metalli, suonò verso le 9.15 e venne poi spento, probabilmente da Arrigo Barbieri, una delle vittime e responsabile della produzione. Il primo a scendere nella vasca, nel primo pomeriggio, fu Marco Santamaria (elettricista di una ditta esterna che venne chiamato per un intervento), il quale arrivò fino al fondo della vasca prima di sentirsi male e morire. Poi scesero gli altri tre operai, anche per aiutarsi a vicenda, e morirono tutti.

Inoltre, si legge che alla Lamina mancavano le "procedure di sicurezza per i rischi connessi all'uso di gas argon per l'ingresso nell'ambiente confinato della fossa e durante il lavoro al suo interno" e non c'erano nemmeno «procedure di sicurezza sulla utilizzazione della centralina di allarme del livello di ossigeno, in particolare sulla gestione della funzione di tacitazione» dell'allarme stesso.  Nel documento, tra le varie lacune in tema di sicurezza viene segnalata l'assenza dello "specifico documento di 'Valutazione del rischio" e la mancanza della "identificazione formale dei rischi connessi all'uso di gas argon in fossa". Assente, si legge ancora, anche "un documento di gestione delle emergenze (e sulla definizione di cosa debba considerarsi un'emergenza) connesse all'uso di gas argon in fossa". Una "evidente emergenza", scrive il consulente della Procura, «è la presenza di persona priva di sensi entro la fossa". In tale caso, "deve essere definito come operare" e "nel caso in esame non era disponibile una procedura per la gestione dell'emergenza". E "mancando una definizione delle procedure da adottare in caso di emergenza è mancata anche la relativa formazione, va da sé anche l'addestramento, all'applicazione delle procedure".

Nella relazione viene anche chiarito, da quanto si è saputo, che almeno alcune delle quattro morti si sarebbero potuto evitare con sistemi di sicurezza adeguati e meccanismi di protezione. Il responsabile legale dell'azienda, Roberto Sanmarchi, difeso dal legale Roberto Nicolosi Petringa, è indagato nell'inchiesta per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose (altri due operai rimasero intossicati, ma si salvarono). 

 

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro