Infermiere muore e dona organi, al San Carlo la Tac del "Bomba"

Intitolata a Massimiliano Bombardiere che ha tanto amato il suo lavoro

Il taglio del nastro con il dg Stocco (a sinistra) e l'assessore Gallera (a destra)

Il taglio del nastro con il dg Stocco (a sinistra) e l'assessore Gallera (a destra)

Milano 30 aprile 2019 - «In ricordo di Massimiliano Bombardiere, infermiere che tanto ha amato il suo lavoro. Uno di noi, il migliore». Hanno messo questa targa, fuori dalla stanza della nuova Tac a 64 strati inaugurata ieri al pronto soccorso dell’ospedale San Carlo. Un’apparecchiatura ultramoderna, risoluzione aumentata del 100% rispetto alla precedente e dose di radiazioni ridotta dell’82%, oltre all’abbattimento del rumore. Con software che permettono scansioni ultrarapide sui pazienti traumatizzati, in grado di identificare emorragie e sanguinamenti e pianificarne il trattamento; di eseguire procedure cardiache complesse in soli cinque battiti, di valutare in tempo reale la possibilità di alcuni trattamenti in caso di ictus. Con questa macchina, assicura il direttore generale dell’Asst dei Santi Matteo Stocco, l’ospedale potrà «migliorare del 40% l’efficienza del flusso di lavoro», che nel 2018 è arrivato a 62 mila esami di radiologia in pronto soccorso, di cui quindicimila Tac. E quindi anche «ridurre i tempi di attesa», aggiunge l’assessore regionale al Welfare Giulio Gallera, che dopo l’inaugurazione si è fermato a parlare coi primari e con gli infermieri, sottolineando «la grande qualità del capitale umano che opera in questa struttura».

Questa  Tac, attesa da tempo, il dg ha deciso d’intitolarla al «Bomba», infermiere del pronto soccorso ucciso a 44 anni da un’emorragia cerebrale il giovedì prima di Pasqua. Una settimana fa si celebrava il suo funerale, nella chiesa del San Carlo stipata di medici e infermieri in divisa, col cortile pieno di ambulanze perché Bombardiere era un soccorritore superesperto e prestava servizio anche sui mezzi del 118. Lo conoscevano tutti, lì come in ospedale dove lavorava da una vita, dove aveva incontrato la sua compagna Debora, infermiera in Rianimazione, e insieme hanno avuto tre figli. La notte in cui il Bomba ha donato gli organi – tutti quelli che ha potuto, tutti tranne il cuore – i suoi colleghi sono rimasti con lui fino alla fine. E con l’aiuto della sua amica Sara Ballabio hanno inondato di messaggi noi del Giorno per raccontarci chi era. La sintesi è su quella targa inaugurata ieri insieme a Debora, che guarderanno tutti i giorni pensando a quanto gli sarebbe piaciuto leggerla: «Uno di noi, il migliore».

 

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