Milano, infermiera in carrozzina per salvare un paziente: si muove l’assessore

Sull’incidente al San Carlo sono aperti un processo e una causa civile

Un'infermiera in una foto di repertorio (Attalmi)

Un'infermiera in una foto di repertorio (Attalmi)

Milano, 16 luglio 2019 - La storia di Silvia, l’infermiera dell’ospedale San Carlo che è su una sedia a rotelle per non aver mollato un paziente in pericolo di vita, ha colpito l’assessore regionale al Welfare Giulio Gallera. Quando ha letto l’articolo del Giorno, l’assessore ha chiamato in ospedale per prendere informazioni. «È una persona che ha sempre lavorato con grande dedizione.

Una persona particolarmente sfortunata che nonostante quello che le è capitato vuole continuare a lavorare, e va in qualche modo aiutata», dice Gallera al Giorno. E promette: «Nel rispetto delle leggi e delle normative mi farò parte diligente rispetto all’Asst Rhodense per verificare la possibilità di una mobilità o di un trasferimento che possa consentirle di lavorare in un presidio senza barriere architettoniche e vicino a casa sua». Silvia, 42 anni, a 37 è rimasta paralizzata a metà dopo uno shock anafilattico mentre lavorava al San Carlo, un evento che si è combinato a una malattia rara, la sindrome di Ehlers-Danlos. Silvia è allergica al lattice, l’ha scoperto da studentessa e dichiarato all’assunzione. Usava guanti in nitrile o vinile e li passava ai colleghi, avrebbe dovuto lavorare in reparti “latex safe”. Nel 2005 aveva avuto una reazione allergica, nel 2008 un incidente sul lavoro (scivolando su un balcone innevato mentre soccorreva un paziente) e dopo un anno in ufficio era stata mandata in Rianimazione, dove si usavano guanti in nitrile. «Poi è arrivata una partita difettata, ed è riapparso il lattice». Il 26 dicembre 2014 c’era un’emergenza con un paziente dalla camera operatoria, Silvia l’ha soccorso con qualcuno che aveva guanti in lattice: «Non potevo andarmene, rischiava di morire».

Sull’incidente sono aperti un processo e una causa civile. Lei intanto è tornata al lavoro, ha contribuito a far partire la riforma della “presa in carico” districandosi tra uffici inaccessibili alla carrozzina nel vetusto San Carlo e reparti proibiti causa lattice. Ora è in aspettativa, perché «sono distrutta psicologicamente. Non posso tornare ogni giorno nel posto in cui è successo l’incidente che mi ha stravolto la vita». Silvia è un’infermiera che non può chiedere la mobilità perché non «idonea alla mansione», la legge 104 le permette di spostarsi al San Paolo, un presidio altrettanto problematico. A marzo ha chiesto il trasferimento all’ospedale di Garbagnate, che è nuovo e vicino casa, ma la prima risposta è stata no. La moral suasion dell’assessore, «nel rispetto delle leggi», è una speranza per sbloccare la situazione paradossale di questa infermiera che ha sempre messo i pazienti davanti a se stessa.

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