Il sarcofago romano in esposizione

Rinvenuto nel 2017 nelle campagne di Sesto Ulteriano sarà collocato nello Spaziocultura in attesa del restauro

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di Alessandra Zanardi

Riemerso nel 2017 dalle campagne di San Giuliano, dov’è rimasto a lungo sepolto, ora il coperchio di un antico sarcofago di epoca tardo romana - la cui scoperta ha rappresentato per il territorio un fatto curioso, oltre che unico e importante -, potrà essere finalmente restaurato, quindi collocato all’interno dello Spaziocultura, l’edificio comunale di piazza Vittoria che ospita una serie di funzioni, a partire dalla biblioteca. Luce verde, da parte del ministero della Cultura attraverso la Soprintendenza alle belle Arti, all’iter per il recupero conservativo, già concordato con le autorità statali proprietarie del reperto, e la successiva posa definitiva del manufatto.

L’intero percorso punta a garantire l’idonea conservazione e la sicurezza del bene, aspetti sui quali la Soprintendenza non smetterà di vigilare. "Dopo aver definito il progetto per la sua collocazione in un luogo centrale della città e sottoscritto la polizza assicurativa richiesta, siamo particolarmente soddisfatti del riscontro finale arrivato dal Ministero che ci consente di procedere con le fasi successive, che culmineranno col posizionamento del coperchio a SpazioCultura – conferma l’assessore alla cultura Nicole Marnini -. Finalmente siamo riusciti, con un grande lavoro di squadra per il quale ringrazio gli uffici coinvolti e Italia Nostra che ha collaborato con noi, a intravedere la fine di un percorso iniziato alcuni anni fa, che restituirà alla nostra comunità una testimonianza storica di pregio e assoluta rilevanza". L’inusuale scoperta si deve a Maurizio Bramini, attivista di Italia Nostra. Fu lui il primo a notare quella strana pietra che fuoriusciva dal terreno, lungo una stradina poderale di Sesto Ulteriano, frazione di San Giuliano al di là della via Emilia. Il primo avvistamento risale al 2012, ma solo cinque anni dopo il reperto venne dissotterrato. Secondo gli esperti, il terzo secolo dopo Cristo è la possibile datazione del manufatto, realizzato con un materiale, il granito ghiandone, proveniente dall’arco alpino e prealpino. In epoca successiva al suo utilizzo come sepoltura, il coperchio ora riportato alla luce potrebbe essere stato spostato dal suo luogo d’origine e impiegato per scopi agricoli, ad esempio a rinforzo di un fossato. Un’ipotesi che spiegherebbe perché è stato ritrovato in un’area di campagna, mentre del resto della tomba non sembra esservi traccia.

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