Coronavirus, ritorna l’incubo Rsa: 21 anziani contagiati

Focolaio nella casa di riposo di via Quarenghi: quasi tutti asintomatici, in 10 sono in ospedale. Infettato pure un operatore sanitario

L’esterno della Rsa Quarenghi nell’omonima via nel quartiere Bonola

L’esterno della Rsa Quarenghi nell’omonima via nel quartiere Bonola

Milano, 28 agosto 2020 - Ventuno anziani e un operatore sanitario sono risultati positivi al coronavirus in una Rsa in zona Bonola. Un nuovo focolaio in una casa di riposo, il primo nella Milano post-emergenza, e sono partite immediatamente le procedure previste dalle rigide regole imposte dalla Regione a giugno per la riapertura dei ricoveri nelle Rsa: metà degli ospiti contagiati è già stata portata in ospedale; gli altri sono isolati nella struttura in attesa di esser trasferiti in un reparto Covid ospedaliero. L’altra differenza, rispetto al marzo e all’aprile nero delle case di riposo, è che a ieri sera solo uno dei contagiati aveva i sintomi del Covid. Gli altri erano asintomatici.

Siamo alla Rsa Quarenghi, alla periferia Nord-Ovest di Milano. Centoquaranta posti per anziani non autosufficienti dei quali 123 erano occupati nei giorni scorsi, quando, confermano i gestori di Coopselios contattati dal Giorno, un ospite «ha manifestato sintomi riconducibili al Covid; sottoposto a tampone nasofaringeo, è risultato positivo ed è stato immediatamente trasportato in ospedale così come previsto dalle nuove disposizioni emanate dalla Regione». E sono scattati i tamponi per tutti i residenti in struttura, dei quali altri venti «sono risultati positivi al coronavirus, ma completamente asintomatici». Alle 19 di ieri, spiegano dalla cooperativa sociale che gestisce circa 250 strutture in Italia, dieci dei ventuno ospiti positivi (di cui nove asintomatici) erano stati trasferiti in ospedale. «Gli altri positivi asintomatici sono in attesa di essere ricoverati non appena le strutture ospedaliere comunicheranno la disponibilità dei posti letto, per ora riservati a casi di maggiore gravità. Siamo in attesa dei risultati di laboratorio per gli ultimi ventiquattro anziani sottoposti a tampone». I test a tappeto hanno incluso «tutto il personale della Rsa: una sola persona è risultata positiva ed è già stata posta a riposo».

«Nel rispetto delle procedure – ricordano dalla Quarenghi – non è consentito l’accesso dei familiari in struttura, tranne in casi eccezionali autorizzati dalla direzione sanitaria. Gli anziani mantengono un contatto costante con le famiglie tramite videochiamate o telefonate. I familiari sono stati informati delle condizioni di salute dei loro cari. La situazione è gestita e monitorata quotidianamente dal personale sanitario e socio-assistenziale dell’ente gestore, nel rispetto delle procedure e dei protocolli in essere». 

Sono uno dei grandi fronti della battaglia d’autunno contro il virus le case di riposo, teatro di una strage in Lombardia, in Italia e nel mondo nei primi mesi della pandemia. Uno studio dell’Ats Metropolitana ha spiegato che dei 5.500 ultrasettantenni che sono morti in più da gennaio ad aprile, rispetto ai quattro anni precedenti, nelle province di Milano e Lodi, il 46% era ricoverato in una Rsa; le 162 Rsa di Milano e Lodi hanno perso il 22% dei loro ospiti nel primo quadrimestre del 2020, due volte e mezzo i decessi che registravano nello stesso periodo tra il 2016 e il 2019. Tra marzo e aprile 2020, in particolare, l’Ats ha calcolato che il rischio di morire nelle strutture fosse 3,69 volte quello del 2016-2019. Una strage, con il suo carico di dolore, proteste, inchieste, casi. A cominciare dal Pat, il più importante centro geriatrico d’Italia: nelle tre strutture (Trivulzio, Principessa Jolanda e Frisia di Merate) tra gennaio e aprile ci sono stati 405 decessi, di cui 300 nel polo principale, con un tasso di mortalità tra il 18 e il 28% degli ospiti. A maggio, l’Istituto comunicava un incremento di decessi del 61% rispetto allo stesso periodo del quinquennio 2015-2019. 

Non solo il Trivulzio, però. Il coronavirus ha colpito molte strutture (anche tra gli operatori sanitari), e sono in corso diverse indagini della magistratura per capire cosa non abbia funzionato e se siano stati forniti e utilizzati in maniera corretta e tempestiva i dispositivi di protezione individuale. Alla residenza Anni Azzurri di via San Faustino, a Lambrate, a fine marzo si contavano 23 ospiti deceduti dall’inizio della pandemia (poi saliti a 56 nel giro di tre settimane), di cui 14 con tampone positivo. Altro focolaio al Golgi Redaelli: secondo numeri aggiornati al 17 aprile, ci sono stati 55 decessi di pazienti Covid positivi tra le strutture di Milano (40), Abbiategrasso (8) e Vimodrone (7). L’elenco potrebbe continuare con la Rsa di via Baroni, la Piccola casa del rifugio di via Antonini, la Rsa Monsignor Bicchierai dell’Auxologico di via Mosè Bianchi e le case di riposo comunali del Corvetto. Tra i fascicoli aperti in Procura c’è anche quello che riguarda le strutture della Fondazione Don Gnocchi: tra gennaio e aprile, vi sarebbero deceduti circa 140 ospiti.  

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