Viaggio al termine della metropoli. Tra campi, ex fabbriche e incontri

La Milano insolita intorno ai cartelli barrati di rosso: c’è chi fa teatro e chi suona il trombone in un parcheggio

Lo scheletro della Scicen in via Cusago: fu una delle prime manifatture cinesi a Milano

Lo scheletro della Scicen in via Cusago: fu una delle prime manifatture cinesi a Milano

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Milano - Esplorare il "limes" di Milano. Le aree dove un cartello segnala la fine del centro abitato, con il nome della città in nero su fondo bianco, barrato obliquamente in rosso. Luoghi di confine con altri comuni ma anche spazi "psico-culturali". Dove la metropoli smette di essere tale ma non è ancora provincia, posti marginali solo per collocazione che sono pieni di fermenti. Anche affascinanti, per logica della varietà. Sono zone che mescolano scene bucoliche e scheletri industriali, come nel tratto di via Cusago prima di Settimo Milanese. La campagna con i segni della modernizzazione, come la rete di svincoli in fondo a via Padova, sulla soglia di Vimodrone. C’è l’odore dei campi anche in via Sant’Arialdo, tra costruzioni rurali, il gioiello di un’abbazia e la pace del cimitero, in un ambiente lontanissimo dal vicino spaccio che si pratica ancora - ma in forma assai più blanda del passato - all’inizio della strada.

Prendiamo la lunghissima via Cusago, nel solo tratto urbano di Baggio. Una delle poche arterie in città non servita da alcun mezzo pubblico: chi non ha un’auto o la bici deve inoltrarsi, dopo via Noale, camminando sul ciglio della strada, lungo i campi coltivati ma senza il conforto del marciapiede. È un luogo da visitare per chi ama la Milano insolita. 

Al confine con Settimo Milanese ci sono due sorprese, uno è il rudere della Scicen ("Società cinese in Italia per il commercio estero e nazionale"), fra le prime manifatture cinesi di articoli in finta pelle, fondata a Milano nel 1941 e poi trasferitasi in via Cusago tra i ‘60 e i ‘70, abbandonata da 20 anni. Tra natura e archeologia industriale sorge anche un "bistrot culturale" aperto di recente da Angela Citino, dove c’erano il bar e la trattoria gestiti dai suoi genitori dal 1985. "Si chiama Sidhe, come la parola celtica che indica il regno ultraterreno del popolo fatato", spiega. Il posto è un po’ magico e si può venire per il bar, la cucina ma anche per partecipare a laboratori creativi e presentazioni di libri.

Si fa teatro per ragazzi, all’altezza di Cascina Gobba. Nel tratto in fondo a via Padova, dopo i civici 350 al confine con Vimodrone, ci sono un prato spelacchiato, una rotonda grande e un dedalo di svincoli per la tangenziale Est. Ma anche lo "Spazio La Gobba", nato nel 2018: "Siamo un gruppo di giovani che ha preso in gestione un circolo Acli per portare nella zona eventi, spettacoli e laboratori artistici e teatrali, per adulti e bambini. La cultura si può fare ovunque, non solo in centro", spiega la formatrice Giulia Nicolosi. 

In via Sant’Arialdo le esperienze sono plurime: fra la stazione di Rogoredo e il segnale di fine centro abitato all’angolo con via Vaiano Valle, vicino a Sorigherio, succede un po’ di tutto. All’inizio si incrocia qualche tossico che procede non più verso il famigerato boschetto ma verso un’area dei binari. Poi si apre la campagna puntellata da costruzioni rurali. Ce n’è una che ha interessato la cronaca: lo stabile al civico 90 è stato l’ultima dimora di Imane Fadil, la testimone chiave del processo "Ruby ter" morta all’Humanitas il primo marzo del 2019 per una malattia rara (all’inizio si parlò di avvelenamento). Nei pressi dell’abbazia di Chiaravalle e del cimitero, prima del cartello barrato di rosso, si possono fare incontri straordinari. Con Antonio Rizzuto, docente alle scuole medie e musicista, che quasi ogni giorno si esercita nel parcheggio del parco della Vettabbia col trombone basso, fra un brano di Beethoven e un passaggio di Rossini: "Qui all’aperto non disturbo i vicini. E poi spero di incuriosire qualche bambino perché si avvicini a questo strumento invece della solita chitarra…"  

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