"Assegni disabili: famiglie messe davanti al bivio"

Denuncia di Confad contro le regole della Regione: sussidio impossibile se la persona con disabilità frequenta un centro diurno

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di Giambattista Anastasio

Così com’è oggi, il sistema della B1 mette le persone con disabilità di fronte ad un bivio non coerente con il loro diritto allo sviluppo di una vita il più possibile autonoma e con la personalizzazione dei percorsi educativi e delle esperienze formative. A segnalarlo è Teresa Bellini, referente lombarda del “Coordinamento Nazionale delle Famiglie con Disabilità“ (Confad). Una segnalazione, la sua, relativa in modo particolare alle persone con disabilità cognitive.

La B1 – per chi non lo sapesse – è una misura regionale che prevede il riconoscimento di un buono mensile alle famiglie che hanno a carico una persona con disabilità gravissima. L’obiettivo del buono è quello di sostenere chi se ne prende cura, sia esso il caregiver famigliare (quindi il genitore o un parente stretto, come accade il più delle volte) o un operatore professionale retribuito per lo scopo. Il riconoscimento del buono, così come il suo importo, è ovviamente disciplinato da una serie di regole. Tra le quali la regola contestata dalla referente lombarda di Confad, quella che, nei fatti, finisce per determinare un’incompatibilità tra l’eventuale frequenza di un centro diurno per disabili e l’assegno. Questo, infatti, non viene riconosciuto alla famiglia se il proprio caro frequenta un centro diurno per un numero di ore settimanali pari o superiori a 18. In questo caso – secondo la ratio della regola – il buono non serve perché la famiglia ha già un un supporto e un sollievo negli operatori del centro, che badano al proprio caro. Il contributo viene invece riconosciuto qualora la frequenza sia al di sotto delle 18 ore settimanali. "Ma di fatto – spiega Bellini, che ha un figlio con disabilità gravissima – nessun centro diurno accetta di prendere in carico un ragazzo per meno di 18 ore settimanali".

Quindi riassumendo: oltre le 18 ore non si ha diritto alla B1 e sotto le 18 ore non si ha di fatto possibilità di accedere ad un centro diurno. Da qui il bivio. La famiglia deve fare una scelta precisa, quasi obbligata: affidare il proprio caro al centro diurno oppure optare per il buono economico. "Questo – sottolinea, però, Bellini – significa incasellare in percorsi predefiniti e omologati le persone con disabilità cognitiva, e la disabilità stessa, senza tenere in alcuna considerazione la possibilità che un disabile possa partecipare a progetti che vanno al di là della logica del centro diurno e senza proeccuparsi di principi quali la personalizzazione dei percorsi educativi e formativi, a partire da quelli per lo sviluppo di una vita autonoma. Si potrebbe, invece, proporzionare il buono relativamente al numero di ore frequentate nel centro diurno, eliminando così l’incompatibilità".

Bellini sottolinea anche un tema relativo alla misura B2, riservata alla disabilità grave. "Si tratta di un sostegno che prevede interventi di assistenza alla persona, necessari soprattutto per la disabilità fisica , e non li integra con quelli educativi fondamentali nella disabilità cognitiva. La disabilità cognitiva, quindi, fatica ad essere intercettata da questa misura e le famiglie faticano a beneficiare di interventi non assistenziali ma, invece, formativi, quali quelli che può garantire un educatore professionale".

mail: giambattista.anastasio@ilgiorno.net

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