Coronavirus, l'uomo delle emergenze di Pioltello: "In prima linea per i più fragili"

Claudio Dotti, responsabile della Protezione civile, spiega come stanno reagendo i volontari all’epidemia

Claudio Dotti al lavoro

Claudio Dotti al lavoro

Pioltello (Milano), 19 marzo 2020 - Centralini telefonici roventi, richieste di aiuto da chi vive in quarantena, decisioni da assumere in tempo reale per gestire l’emergenza Covid-19. Sono giornate pesanti per i 26 volontari della Protezione Civile, in prima linea ormai da quasi tre settimane. A coordinare la squadra c’è il pioltellese Claudio Dotti, l’uomo delle emergenze che nei momenti di difficoltà non molla mai, per responsabilità e grande senso civico. Coordinatore del gruppo di Protezione Civile di Pioltello, Dotti è anche vicepresidente della rete sovracomunale Com19.

Una giornata da volontario: come state vivendo l’emergenza? "Il lavoro è tanto, Pioltello è stata una delle prime città ad attivare il Centro Operativo Comunale: già del 27 febbraio eravamo pronti a gestire l’emergenza perché ci aspettavamo un peggioramento della situazione. Abbiamo 26 volontari in servizio, di cui una decina attivi h24, e insieme alla polizia locale aiutiamo le persone a superare questo momento di difficoltà. Non ho paura di essere contagiato perché uso le protezioni, però la sera arrivo a casa stanco. La prima cosa che faccio quando entro dalla porta è lavarmi le mani a lungo e con acqua calda, ho una famiglia da proteggere e la cautela non è mai troppa".

I pioltellesi come stanno reagendo? "La gente è spaventata, ogni giorno riceviamo un centinaio di telefonate con richieste di informazioni e di aiuto. Arrivano richieste di tutti i tipi: da chi vuole sapere se può uscire di casa o i negozianti che chiedono se possono riaprire l’attività, a chi accusa dei sintomi e vuole sapere come comportarsi. La domenica, quando i medici di base non ci sono, smistiamo le richieste di cittadini con febbre o altri sintomi che preoccupano. E poi, per sdrammatizzare, c’è anche chi è lontano dalla fidanzata e vorrebbe una deroga per andarla a trovare".

Voi non fate un lavoro facile, da punto di vista psicologico come vi state proteggendo? "Quando un volontario è sul pezzo, sente solo il senso di responsabilità, tutto il resto non esiste. L’adrenalina ci aiuta ad essere lucidi e a non sentire la paura, ogni giorno c’è un motivo per rendersi utili. Poi, come è successo con il deragliamento del treno, quando tutto sarà passato arriveranno i momenti difficili in cui ci sarà il rischio di crollare. Ora, però, non ci pensiamo e andiamo avanti. Per me, fare il volontario è una missione, ce l’ho nel Dna: ho iniziato a 16 anni ad accompagnare i malati a Lourdes e non ho mai smesso di essere al servizio del prossimo".

I cittadini come vedono la vostra presenza sul territorio? "C’è un forte senso di gratitudine: quando passiamo con il pick-up la gente ci saluta con calore e ci dicono “grazie per quello che fate“. Mai è accaduto che qualcuno si lamentasse per un controllo. Il nostro compito è rassicurare le persone e aiutare chi ha bisogno. Portiamo i medicinali a casa a chi è solo. Ieri abbiamo consegnato dei farmaci a una persona diabetica, un uomo che lavora a Pioltello ma ha la famiglia in Sicilia e quindi è solo, oppure abbiamo coppie di coniugi 80enni in quarantena che non possono uscire di casa e hanno bisogno di tutto. C’è tanto da fare, noi non ci fermeremo fino alla fine".