Terremoto Mantova, le mani della 'ndrangheta sui fondi: 9 arresti, 2 milioni sequestrati

L'accusa è di aver agevolato il clan della 'ndrangheta Dragone

Mantova, 9 gennaio 2023 - I Carabinieri di Mantova hanno eseguito 9 ordinanze di custodia cautelare per concussione, corruzione e intestazione fittizia di società, con l'aggravante delle finalità mafiose, per avere agevolato la cosca 'Ndranghetista Dragone. Le indagini sono coordinate dalla Dda di Brescia. L'operazione è in corso in Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Calabria. I reati sarebbero stati commessi nell'ambito delle procedure per la concessione di "fondi sisma" per la ricostruzione di immobili danneggiati dal terremoto del 2012 in provincia di Mantova. Decine le perquisizioni.

La figura chiave

Al centro dell'indagine è finito il nipote di uno storico boss cutrese, pubblico ufficiale con la carica di tecnico istruttore presso i comuni compresi nel cosiddetto "cratere sismico" della provincia di Mantova (Poggio Rusco, Borgo Mantovano, Magnacavallo, Sermide e Felonica), con compiti istruttori, di verifica, di rendicontazione e di autorizzazione ai pagamenti dei contributi a fondo perduto stanziati da Regione Lombardia per gli immobili danneggiati dal terremoto del 2012.

L'architetto

La figura centrale è un architetto, Giuseppe Todaro, 36 anni, descritto nell'ordinanza di custodia cautelare "libero professionista" che, però, ebbe dall'agosto del 2014 almeno fino al 31 dicembre del 2021, "in via continuativa" l'incarico di "tecnico aggiuntivo esterno presso gli uffici tecnici dei Comuni mantovani ricadenti nel cratere sismico, occupandosi dell'istruttoria delle istanze di contributo regionale per la ricostruzione e la ristrutturazione di immobili danneggiati dal terremoto del 2012".

L'esposto

L'inchiesta Sisma nasce da un esposto trasmesso dalla "Struttura commissariale per l'emergenza e la ricostruzione di territori lombardi colpiti dagli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012", istituita dalla Regione Lombardia, nel quale erano raccolte le lamentele di un imprenditore per i comportamenti di Todaro. Nell'ordinanza si sottolineano i "rapporti di parentela tra Todaro e soggetti certamente appartenenti (con ruoli di spicco) alla cosca Dragone di Cutro, storicamente contrapposta a quella dei Grande Aracri".

Lo schema criminoso

Le diverse figure professionali, così come i beneficiari dei finanziamenti, si sarebbero interfacciati con il tecnico istruttore secondo un collaudato schema criminoso, consistente nella corresponsione di indebite somme (in genere pari a circa il 3% del contributo elargito), per garantirsi la trattazione della propria pratica in violazione dell'ordine cronologico e con aumenti - talora indebiti - dell'importo del contributo pubblico a fondo perduto (in un caso attestatosi a 950 mila anziché 595 mila euro come originariamente stabilito).

Il "do ut des"

Le contestate ipotesi di concussione prevedevano che il contributo pubblico venisse elargito ai richiedenti solo a condizione che costoro affidassero i lavori di ricostruzione a delle società facenti capo al citato tecnico istruttore e al padre di questi. Le indagini avrebbero messo in evidenza che tali società, che di fatto sarebbero state gestite dal padre del pubblico ufficiale, erano intestate a prestanomi per evitare il diniego di iscrizione nella cosiddetta white list.

La cosca di Cutro

Nove indagati raggiunti dall'ordinanza di custodia cautelare (uno ancora attivamente ricercato), di cui 4 in carcere e 5 agli arresti domiciliari, fra cui architetti e ingegneri, imprenditori e soggetti del sistema bancario, sono ritenuti responsabili a vario titolo di concussione, corruzione per atti contrari ai doveri d'ufficio, intestazione fittizia di società, aggravati dalle finalità mafiose, per aver agevolato la cosca 'ndranghetistica Dragone di Cutro, in provincia di Crotone.

Le indagini

Gli approfondimenti investigativi, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Brescia e condotti dai Carabinieri di Mantova coordinati dal Colonnello Carmelo Graci sono stati resi possibili da prolungate attività tecniche d'intercettazione, anche con captatore informatico, dai servizi di osservazione e pedinamento e dalla disamina della documentazione amministrativa relativa alle pratiche di finanziamento pubblico.

I sequestri

A carico degli indagati è stato disposto anche il sequestro delle società fittiziamente intestate, delle provviste bancarie e di beni mobili e immobili per un valore di circa 2 milioni di euro, costituenti il ritenuto prezzo e il profitto dei reati contestati. Nel medesimo contesto, la Guardia di Finanza di Mantova, delegata a riscontrare condotte di natura penal-tributaria, con particolare riferimento all'emissione di fatture per operazioni inesistenti, ha concorso con i Carabinieri nell'esecuzione di perquisizioni a carico di alcuni degli odierni indagati.