Fare presto e anche bene

Occorre dare quanto prima al Paese una guida stabile e autorevole, che governi le emergenze e che rassicuri l’Europa e i mercati

Milano, 18 marzo 2018 - Parola d’ordine: responsabilità. È il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a ricordare ai partiti il dovere di rispettare la volontà degli elettori che, mostrando maturità nell’andare a votare ed evitando di disertare le urne come si temeva in partenza, hanno lanciato un messaggio chiaro. A prescindere dalle percentuali raccolte da ciascuna forza politica: occorre fare presto e dare quanto prima al Paese una guida stabile e autorevole, che governi le emergenze e che rassicuri l’Europa e i mercati. Tra le ipotesi ventilate prima del voto, in caso di stallo, c’era quella di prolungare l’esperienza dell’esecutivo a guida Paolo Gentiloni, nell’attesa che maturassero le condizioni per una nuova guida tecnica o politica. Oppure che si riformasse la legge elettorale e si tornasse rapidamente al voto. Tale ipotesi appare ormai impraticabile, visto il risultato riportato nelle urne dal partito a cui appartiene il presidente del Consiglio. 

E impraticabile appare anche considerato il fatto che le forze politiche risultate vincitrici si accingono, a quanto è dato sapere, a trovare un’intesa sulla presidenza delle Camere, magari con una opzione su un governo di scopo che realizzi le misure più urgenti (riforma della legge elettorale, manovra d’autunno, riforma di Jobs Act e legge Fornero) e riporti gli italiani a votare nel 2019, in concomitanza con la scadenza del Parlamento europeo. Mattarella ha raccomandato a tutti gli attori in campo di mettere al primo posto il bene dell’Italia, il che significa abbandonare rendite di posizione e calcoli tattici, e mirare al sodo: formare un governo che governi. Lo chiedono anche le forze più produttive del Paese. In particolare Confindustria e le altre organizzazioni più rappresentative del mondo imprenditoriale e commerciale, che temono di perdere competitività in ragione del fatto che l’incertezza politica inevitabilmente allontani dal nostro Paese gli investitori stranieri.

Anche i sindacati, insolitamente silenti sulle questioni politiche, sembrano in realtà molto interessati alla risoluzione dell’impasse attuale. Storicamente più vicini alla sinistra, i sindacati della triplice, in forte crisi di legittimazione, temono si formi un nuovo blocco sociale attorno a Lega e Movimento 5 Stelle capace di dar vita a nuove organizzazioni e nuovi interlocutori in grado di rappresentare con maggiore incisività le istanze dei lavoratori. Su questo terreno probabilmente la sinistra potrebbe innanzitutto recitare un mea culpa e lavorare per ricostruire un tessuto connettivo di relazioni sociali e industriali, al fine di riattivare un rapporto con quelle porzioni di base che da tempo l’hanno abbandonata.