UN PIENO DI INTELLIGENZA ARTIFICIALE PER L’INDUSTRIA ITALIANA

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"PIÙ GRANDE dell’avvento del fuoco". È questo l’impatto che sulle nostre vite avrà l’intelligenza artificiale, secondo il Ceo di Google, Sundar Pichai. Certo meno epico e allegorico del mito di Prometeo, che rubò il fuoco agli dei per donarlo agli uomini, tuttavia è ragionevole dire che ci troviamo di fronte a un salto evolutivo simile, tanto che nel 2017 Putin affermò che "chiunque diventerà leader nel settore dell’IA sarà signore del mondo". Una rivoluzione dalle immense opportunità e dai pericoli enormi. Un processo, dunque, che deve essere assolutamente governato. Oggi l’intelligenza artificiale viene usata dalle app del nostro cellulare, dai motori di ricerca, in agricoltura, sanità, finanza, diritto, nei sistemi di apprendimento e in molto altro.

Ma non si tratta solo di futuro, anche del presente. Se in cinque anni il numero dei macchinari industriali in Italia è passato da 305 a 371mila, infatti, nello stesso tempo la quota di quelli robotici è cresciuto dal 32% al 54% del totale (dati Ucimu-Sistemi per produrre). Sono i macchinari più evoluti, digitali, computerizzati, quelli che utilizzano l’intelligenza artificiale ad essere locomotiva del manifatturiero e, quindi, dell’economia. Secondo il Financial Times, proprio la rivoluzione digitale è stata la benzina del motore dell’export italiano, che poi è stato a sua volta il driver che ci ha guidato fuori dalla recessione pandemica, visto che ad aprile le esportazioni di beni erano già sei punti percentuali sopra i livelli pre- pandemici del gennaio 2020. A stringere l’inquadratura, arriva la conferma, poiché sempre da gennaio 2020 ad aprile 2021 i volumi di vendita degli store online sono cresciuti oltre il 50%, a fronte di un incremento medio europeo del 42%. Insomma, in Italia la pandemia ha accelerato la transizione. Il mercato del digitale ha chiuso il 2020 ad un valore totale di 74,5 miliardi di euro, ma nel 2024 potrebbe arrivare a 95 miliardi (Confindustria). E già il 2021 può diventare un anno eccezionale per l’industria dei robot, visto che nei primi sei mesi dell’anno gli ordini sono aumentati di quasi il 90% (Ucimu). Anche durante la pandemia, inoltre, il 63% delle aziende manifatturiere ha aumentato gli investimenti su Industry 4.0.

Il futuro è scritto, il processo va governato. Servono investimenti pubblici, come quelli previsti dal Pnrr, ma anche un ecosistema che permetta di sviluppare idee e talenti e, soprattutto, di incentivare quelli privati. In Europa, giustamente, una parte rilevante dei bandi è dedicata proprio ai sistemi di intelligenza artificiale e noi dobbiamo sostenere le nostre eccellenze. Per esempio, quella di Eustema, società di software che discende dalla grande scuola dell’Olivetti, che ha presentato un progetto interessante: poiché il trasferimento in cloud di tutti i nostri dati pone pericoli sia per la privacy che per la sicurezza, l’idea è dirottare su un cloud europeo solo gli algoritmi che elaborano tali dati. Questo progetto è esemplare perché evidenzia i principali problemi da risolvere. Il primo è di natura economica. Il potere dell’intelligenza artificiale è mettere i dati in comunicazione tra loro, non solo di archiviarli. E su questo bisogna lavorare. La medicina predittiva, per esempio, funziona se i diversi ospedali mettono in connessioni le informazioni cliniche in loro possesso. Per adesso, invece, il business dei dati e della loro interoperabilità è in mano ad aziende americane e cinesi (questo il secondo problema, che è di natura geopolitica) e sviluppare un cloud federato europeo sarebbe una preziosa alternativa. Anche perché, come dice Elon Musk, "la competizione tra nazioni sull’intelligenza artificiale è la causa più probabile della terza guerra mondiale".

Infine, c’è un problema etico. Come ha osservato l’avvocato Vittorio Emanuele Falsitta, fino a dove possiamo delegare alla tecnica, fino a dove possiamo lasciare che l’intelligenza artificiale decida per noi? Sono questioni determinanti, perché l’intelligenza artificiale è già oggi diffusa nelle nostre vite, spinge la nostra economia, traccia il nostro futuro. Ma domani potrebbe rivoluzionare il mondo, come fu per il fuoco di Prometeo. Non sappiamo in che modo. Dobbiamo stabilirlo. E finire come Prometeo.

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