Un Kendrick Lamar da Oscar ritorna a Milano dopo nove anni. L'evento all'Ippodromo

Con 'Mr. Morale & the Big Steppers', l'artista presenta dal vivo l’album con cui tornanella nostra città sotto l’egida del Milano Summer Festival

Kendrick Lamar, artista policromo

Kendrick Lamar, artista policromo

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Milano - «Ho attraversato qualcosa… canta Kendrick Lamar in quella sessione di autoanalisi a microfono aperto che è “Mr. Morale & the Big Steppers", l’album con cui si offre in pasto domani al popolo dell’Ippodromo Snai San Siro sotto l’egida del Milano Summer Festival. La vertigine è data, ovviamente, dalle instabilità dei tempi e da un percorso interiore che l’ha portato ad essere una persona nuova. Cinque anni dopo quel “Damn” che, oltre a sfornare hit radiofoniche in quantità industriale, gli ha fatto vincere il Pulitzer e gli ha regalato la nomination all’Oscar per la colonna sonora di “Black Panther”, Lamar si scopre meno hip-hop superstar di come l’ha raffigurato finora l’iconografia ufficiale.

L’introspezione forzata a cui è stato costretto dalla pandemia deve averlo indotto a ridefinire direzione e contenuti del lavoro, nonostante l’esibizione con Dr. Dre, Snoop Dogg, Eminem, Mary J. Blige durante l’“half-time” dell’ultimo Superbowl abbia finito col cucirgli addosso quei panni di eroe generazionale in cui non s’è trovato mai troppo a suo agio. "Pesante è la testa di colui che ha scelto di indossare la corona / a colui cui è assegnata, molto è richiesto ora" dice, infatti, nell’ultimo album il testo di “Crown” citando l’Enrico IV di Shakespeare. Un peso sull’animo difficile da sopportare per l’(ex) ragazzino di Compton cresciuto vantandosi di essere uno dei pochi ad avere un padre a piede libero.

«La presenza di una figura paterna mi ha insegnato ad affrontare le emozioni meglio di tanti miei coetanei" raccontava mesi fa Kendrick, 34 anni, in un’intervista. "Quando vedi dei bambini fare cose che il resto del mondo definisce pericolose, o una minaccia, vuol dire che non sanno come gestire le proprie emozioni. Se fai qualcosa di sbagliato, tuo padre ti dice ‘Cosa stai facendo?’. Ti mette a posto, ti fa sentire piccolo così. Per me è stato un privilegio. Le mamme e le nonne dei miei amici hanno insegnato loro l’amore e l’affetto, ma non queste cose".

Nove anni dopo l’apparizione ai Magazzini Generali del 2013, il "rapper commercialmente radiofonico, ma apertamente politico" come l’inquadra una fortunata definizione, torna dunque a Milano coi mondi sospesi, ma se allora quello di “Good Kid M.A.A.D. City” era un artista beneducato ancora in cerca di un suo ruolo, ora è un fenomeno planetario. "Kendrick è al vertice, è al top tra gli autori, non solo della sua generazione, ma di tutti i tempi". Parola di Eminem.