Giorgio Montanini in Reloaded: per far ridere mi basta una cassetta di frutta

"Il mio show contro l’individualismo e l’ignavia. Non siamo più umani"

Giorgio Montanini

Giorgio Montanini

Milano, 31 luglio 2022 -  Quanta verità siete in grado di accettare? Perché con Giorgio Montanini il rischio è quello: di sentirsi dire in faccia come stanno le cose. Poi certo, le risate. Molte. Ma anche la furia di raccontare un mondo che si sta perdendo da qualche parte. Come succede in "Reloaded", mercoledì alle 21 all’Arena Milano Est del Martinitt. Un assolo del comico marchigiano. Fra i pochi (pochissimi) veri rappresentanti della stand-up comedy in Italia. Montanini, ci racconti di "Reloaded". "È il nuovo spettacolo, quello che farò poi girare in inverno. Il materiale è totalmente inedito. Lo propongo in una sorta di anteprima, dopo un anno senza tournée perché ero impegnato con il cinema".

Di cosa parla?

"Di tutto quello che sta accadendo nell’ignavia. Stiamo perdendo identità come esseri umani e viviamo un momento storico in cui è difficile riconoscere chi abbiamo di fronte. La sinistra ad esempio è diventata il referente del capitalismo mondiale, è molto più di destra della destra. Ma parlerò anche del politicamente corretto, di questo linguaggio inclusivo che diventa una questione del tutto formale visto che la sostanza non cambia. Il maschilismo è sempre lo stesso, i femminicidi non si contano, mentre i trans sono costretti a battere perché nessuno offre loro un posto di lavoro. Vorrei che insomma alla forma si accompagnasse un intervento sulla sostanza. È un problema culturale".

Stiamo andando alla deriva? "Sì, di corsa contro un muro a 200 all’ora. Il sistema è fallito eppure continuiamo a inseguire gli obiettivi di una manciata di imbecilli. Non ci comportiamo più come esseri umani".

Difficile non pensare a quello che è successo a Civitanova.

"Vicino a casa mia. E considera che noi abbiamo già avuto casi simili a Fermo e a Macerata, in una regione che non ha il problema dell’immigrazione, perché chi dice il contrario mente. Mi domando come sia possibile questa brutalità, con la gente intorno che riprendeva col telefonino invece di intervenire. Una cosa surreale, distopica. Fingiamo di interessarci agli altri ma in realtà non ce ne frega nulla. E fare un video di un cane che fa la capriola o di uno che ammazza una persona è diventata la stessa cosa. Per questo non mi faccio più fregare".

Da cosa?

"Dai programmi. Da un sistema criminale che spinge il mondo verso l’individualismo e il rancore. Il capitalismo ha fallito ma fingiamo che ogni giorno non si creino ingiustizie e diseguaglianze".

In tv viene considerato scomodo.

"Sono scelte editoriali. Come all’epoca fu una scelta editoriale della Rai non registrare i concerti italiani dei Beatles, perché dicevano che sarebbero durati tre mesi. È quella cosa lì. Non è censura. Ma certo sono stato cacciato via più volte di Luttazzi e Guzzanti messi insieme".

Tutti dicono di fare stand-up ma in realtà se ne vede poca in giro.

"È così, un’etichetta. Ma se si guarda la tradizione anglosassone, i comici nascono nei live, poi passano alla tv e alla fine arriva il cinema, dove vengono chiamati come attori drammatici, non certo a fare le scorregge con l’ascella. Solo io qui ho fatto questo percorso. Eppure perfino a Zelig qualcuno dice di fare stand-up. E non vedo nemmeno grandi professionisti fra i nuovi comedian. Mi sembrano solo in cerca del successo".

Anche lei ne ha parecchio.

"Ma non l’ho cercato. A me basta una cassetta della frutta: la giro e inizio a fare spettacolo". Cosa la diverte ancora?

"La vita. Nonostante tutto mi fa sempre ridere".