Alessandro Mannarino: "La vera resistenza è la fantasia"

Al Fabrique arrivano i tamburi di Mannarino. Il cantautore racconta la svolta “tribale“ durante il lockdown

Il cantautore romano Alessandro Mannarino, 42 anni

Il cantautore romano Alessandro Mannarino, 42 anni

Milano -  Tra Manaus e la luna . Ci sono i suoni tribali d’Amazzonia e quelli sintetizzati degli spazi siderali nel rituale sciamanico che Alessandro Mannarino porta mercoledì prossimo al Fabrique, per poi replicare a grande richiesta l’esibizione pure il 3 e 4 maggio. Uno spettacolo che parla le lingue del mondo toccando le corde di “V”, l’ultimo album del cantautore romano inciso con la valigia in mano tra New York, Los Angeles, Città del Messico, Rio De Janeiro, l’Amazzonia e l’Italia.

Mannarino, da dove parte questo spettacolo? "L’idea è quella di rappresentare l’idea del disco, vale a dire la ricerca della forza primordiale, creando un vero e proprio rituale. Tutto affiancato da una formazione di nove elementi fra cui il jazzista Simone Alessandrini, che si divide tra dieci strumenti diversi, e il percussionista brasiliano Mauro Refosco (David Byrne, Red Hot Chili Peppers, gli Atoms for Peace di Thom Yorke, ndr ). Pure le coriste suonano le percussioni perché l’idea è quella di mettere voce e tamburo al centro di tutto. La band è fortissima e gli arrangiamenti, forse, ancora più belli di quelli del disco".

Qual è il messaggio? "L’invito ad una riscoperta dell’idea animista, fantasiosa e fantastica della vita. Reputo “V“ un album ancestrale, capace di decostruire il sistema di valori in cui viviamo riscoprendo una irrazionalità destinata a mettere in discussione patriarcato, neoliberismo, capitalismo. L’ho fatto riscoprendo la tribalità. Quando con le tue scelte vai a toccare i mondi dell’anima trovi una resistenza. E questo, durante la pandemia, me l’hanno confermato i moti rivoluzionari sudamericani, guidati non a caso dalle popolazioni indigene".

Visto come va il mondo, tempi duri però per un album che si propone “come un invito ad appellarsi alla saggezza ancestrale degli esseri umani”. "Se non c’è bisogno adesso di un disco così, quando ce ne sarà? Spero che la gente durante lo spettacolo si dimentichi per due ore di questa guerra e della propaganda che l’accompagna; anche perché al momento ci sono almeno altri trecento i conflitti ad infiammare il pianeta. Io, ad esempio, ho vissuto per alcuni giorni a Vidigal, una favela di Rio de Janeiro, e ricordo per strada e c’erano i bambini di dodici anni con i Kalašhnikov. Davanti alla violenza, quella di cercare la vitalità, la resistenza, la gioia è l’unica cosa che possiamo fare".

Pure come reazione a quello che è stato. "Ho inciso il disco durante la pandemia, con una città fantasma fuori dallo studio. Mentre la polizia presidiava le strade io pensavo alla giungla, alla resistenza umana e ai tamburi. La ripartenza del pianeta non può essere dalla realtà, ma dalla fantasia. Pure nella musica si parla troppo del quotidiano, che invece a mio avviso va superato per alienarsi, perché è da lì che nasce la fantasia. Quella fantasia che diventa vitalità e poi resistenza. Questa è la vera risposta alla guerra".