Umberto Bossi ricoverato in ospedale a Varese: nella culla d'un tempo l'affetto resiste

Nessuno scorda le battaglie e l’uomo che le guidò. Ma lo sguardo è rivolto altrove, oggi la Lega è altro

Umberto Bossi

Umberto Bossi

Varese, 16 febbraio 2019 - Sulla porta di legno un anonimo marrone cupo ha sostituito da tempo lo sfavillante verde padano. La sezione della Lega di Gemonio ha chiuso i battenti quattro anni fa. «Ci siamo spaccati - si accora Salvatore Palazzo, origini frusinati, nel Carroccio dal 1990, segretario per dieci anni, ex capogruppo in comune - sulla scelta del candidato sindaco. Ci siamo ritrovati in pochi e abbiamo perso le elezioni. Quando ci si divide sono sempre gli altri a trarne vantaggio. Così è stato. Bossi il suo passato l’ha fatto. Mi dispiace per questo nuovo problema di salute e gli faccio tutti i miei auguri. Ha dato tutto, ha rischiato anche la vita per la Lega. Adesso ha i suoi anni, i suoi acciacchi. Salvini mi piace. Quello che dice fa. Va giù con l’accetta. È un leader. Se è riuscito a portare la Lega dal 3 per cento al 30 vuol dire che qualcosa di buono c’è».

Anche nel paese di Bossi gli affetti antichi si mescolano con le divisioni recenti, il rimpianto delle cose irripetibili fa da pendant alla consapevolezza che è finita un’epopea. “Uhè, Bodini”. “Uhè, Frenc”. Il richiamo di un amico fa alzare Claudio Bodini, quindici anni di militanza leghista ma tessera non più rinnovata, dalla panchina di piazza Vittoria, illuminata da un sole quasi primaverile. «Quando Bossi è stato male la prima volta l’ho preso io, ero soccorritore alla Croce Rossa di Cittiglio. In equipaggio c’era la Emanuela, che l’ha soccorso anche l’altro giorno. Inutile girarci attorno: Bossi è la Lega. Anche se il suo tempo è finito, per me rimane il numero uno. È il fondatore. Mi è spiaciuto lo abbiano messo da parte. Almeno un po’ di riconoscenza e un po’ di rispetto per la persona».

Un patriarca solitario. Un condottiero anziano e stanco. Superato dai tempi perché i tempi hanno superato un sistema, un modo di vivere la politica e di interpretarla. Fabio Felli è stato sindaco di Gemonio per due mandati. Adesso è in comune come consigliere di minoranza. «Umberto Bossi rappresenta un passato che non c’è più. Il partito ha fatto scelte diverse sotto l’aspetto ideologico. Forse oggi è cambiato il modo di fare politica. Si cercano risposte alle esigenze immediate. Un tempo contavano le idee, magari visionarie, che poi si risultavano fondate. Mi capita di parlare con dei cittadini e mi sento dire. “Però, la Lega era una cosa un po’ diversa”. Vero. Una volta c’era una ideologia che era quasi un sentimento. Bossi rappresentava un modo di fare politica se vogliamo un po’ romantico. Erano altri momenti. Anche il modo di fare politica a livello locale era diverso. Con Bossi c’era un rapporto abbastanza stretto. È sempre stato vicino al paese dove abitava, a Gemonio. Tante cose le abbiamo realizzate anche con il suo aiuto, i pozzi dell’acquedotto, che hanno risolto il problema dell’approvvigionamento idrico, le due rotonde sulla provinciale nella parte bassa del paese, i marciapiedi. Quando c’era un’esigenza ci ha sempre ascoltato e quando poteva è intervenuto. Oggi non sarebbe più possibile. È cambiato il sistema, anche nei rapporti personali. Si va più per automatismi». Nei suoi paesi, nella “culla” storica della Lega, Umberto Bossi non ha smesso di essere amato.