
Guardia di Finanza
Ci sono anche un noto imprenditore ligure attivo nel settore dello sport giovanile e due spedizionieri della dogana fra le persone indagate nell'inchiesta della Guardia di finanza di Genova e dell'Agenzia delle dogane denominata "Operazione Walhalla".
In tutto le persone sotto accusa sono 41. Secondo quanto è stato accertato i protagonisti del raggiro acquisivano in maniera fraudolenta finanziamenti bancari nella maggior parte dei casi garantiti dallo Stato, a favore di società fantasma che venivano successivamente indirizzate verso il fallimento. Gli investigatori da questa mattina stanno dando esecuzione a tre misure cautelari personali e a una serie di sequestri (denaro, immobili ed altri beni di valore) sotto il coordinamento della procura della Repubblica del capoluogo ligure.
Il nuovo filone
L'attività criminale era stata già intercettata e bloccata a luglio, quando con l'operazione Odino gli inquirenti avevano scoperto una maxi frode realizzata con modalità illecite simili a quelle oggetto dei provvedimenti giudiziari eseguiti in data odierna: in quell'occasione fu arrestata la presunta "mente" della frode - un imprenditore quarantenne residente ad Arenzano - e venne acquisita documentazione cartacea ed informatica di rilevante importanza.
Gli ulteriori sviluppi, così come gli esiti di alcune perquisizioni disposte dalla Procura ed eseguite dai funzionari delle dogane e Fiamme gialle hanno consentito di "allargare" il perimetro delle indagini portando all`iscrizione nel registro degli indagati di un commercialista, titolare di un avviato studio professionale della riviera ligure di Levante, e di acquisire ulteriori e considerevoli elementi di prova a carico di coloro che erano già destinatari di misure cautelari: un noto imprenditore genovese attivo nel settore dello sport giovanile e di due spedizionieri doganali principalmente operanti in Liguria.
Il modus operandi
Secondo gli investigatori il gruppo di truffatori ha costituito, acquisendo il controllo di attività già esistenti, attraverso alcuni "prestanomi", di una galassia di società di capitali (molte delle quali sull'orlo del fallimento e tutte rigorosamente inattive).
I bilanci delle società venivano falsificati ed utilizzati al fine di attrarre ingenti finanziamenti erogati dal sistema bancario e oltremodo assistiti dalla garanzia statale a favore delle medie imprese. I finanziamenti illegittimamente acquisiti ammontano complessivamente a 6,9 milioni di euro, 1,7 dei quali garantiti dallo Stato.
Il denaro, una volta finito in pancia dalle società "cartiere", è stato destinato a beneficio esclusivo degli organizzatori oppure distratto e reinvestito in ulteriori attività economiche inquinando il tessuto dell'economia legale.