Pullappare, keppare, drip: che lingua parlano gli adolescenti di Milano?

Piccolo dizionario aggiornato delle parole usate dai ragazzini, tra videogames, social e un po’ di nostalgia

L'entrata a scuola di un gruppo di adolescenti

L'entrata a scuola di un gruppo di adolescenti

Milano - Ogni epoca ha la sua lingua. Ogni età anagrafica la propria. Per i più giovani poi – spiegano gli studiosi – il linguaggio è uno degli strumenti attraverso i quali crescono e si distinguono, innanzitutto dagli adulti. E incrociando gli adolescenti di Milano, ascoltando gli scampoli delle loro conversazioni, non si può che essere d’accordo.

Giocando con l’inglese

Qualunque sia la genesi delle loro parole, dei fantasiosi neologismi che utilizzano, un risultato è abbastanza certo: gli adulti non ci capiscono granché. Costretti a navigare a largo del reale significato di certe espressioni, si devono accontentare dell’impressione che ne deriva, cioè di un utilizzo disinvolto, giocoso e divertito dell’inglese. Modellato in maniera scherzosa sull’italiano. Per gli ottimisti un segno di confidenza con la lingua straniera più studiata, per i pessimisti un preoccupante sintomo di sudditanza culturale

La forza dell’italiano 

Sentendo però le storpiature inglesi dei giovanissimi di casa nostra, la minaccia dei forestierismi (così i linguisti chiamano le incursioni delle lingue stranieri nella nostra) sull’italiano fa sorridere. Anzi, il piegare l’inglese e assimilarlo all’italiano forse rivela un’insospettabile forza della nostra lingua. Osservazioni che, comunque, per quanto riguarda la lingua degli adolescenti risultano abbastanza effimere, visto che “Ogni generazione – spiega il linguista Paolo d’Achille nel suo L’italiano contemporaneo – tende a differire da quella precedente e quindi molte innovazioni cadono ben presto in disuso”.

Non solo videogiochi

Una volta catalogate le parole dei ragazzini e riusciti a carpirne più o meno il significato (non però le innumerevoli sfumature di utilizzo), un esercizio nel quale ci si può misurare è quello di trovarne l’origine. Insomma, rispondere alla domanda: “Da dove diavolo arriva questa parola?”. Nella loro Breve storia della lingua italiana per parole Leonardo Rossi e Paola Marongiu, parlano di “Indebolimento dei tradizionali modelli linguistici, in particolare quello della letteratura e della scuola, a vantaggio di nuove fonti della lingua”. Per gli adolescenti di Milano, queste nuove fonti sembrano essere innanzitutto due, i videogiochi e social. Anche se ci sono singolari eccezioni e, addirittura, ripescaggi dal passato. Ecco quindi una piccola rassegna delle parole più particolari nel vocabolario dei ragazzini milanesi.

Basta un… “are”

Driftare: Scivolare. Da drifting, la specialità motoristica di sgommare e derapare. Entrato nel linguaggio probabilmente attraverso i videogames di guida e la serie di film “Fast and Furious”.

Flexare: Vantarsi. Deriva da uno dei significati dell’inglese ‘to flex’, mostrare. Utilizzato, ormai da qualche tempo, spesso in senso scherzoso quando qualcuno indossa un indumento nuovo, magari griffato.

Keppare: Mentire. Non dire la verità. “Domani non vengo a scuola perché sto male”. “Ma dai, stai keppando”. Probabilmente deriva dallo slang americano “cap”, che indica, appunto una bugia.

Pullappare: Subire un furto o una rapina. Un espressione tipica è “Dei maranza mi hanno pullappato il telefono”. Pullappare e maranza sono una coppia obbligatoria.

Quittare: Uscire, lasciare, abbandonare un gruppo o una situazione. Dall’inglese to quit: uscire, lasciare, smettere. Entrato nell’uso da ormai qualche anno attraverso i videogiochi. Quit è la funzione che permettere di abbandonare la partita in corso.

Skippare: Saltare. Evitare. Andare oltre. Dall’inglese to skip, saltare, evitare. Entato nel linguaggio attraverso la funzione dei servizi streaming che permette di passare al contenuto successivo.

Snitchare: Fare la spia. Nello slang americano snitch è la spia, il membro di un’organizzazione criminale che collabora con la polizia.

Trollare: Provocare qualcuno, ma anche prenderlo in giro. “Ma lascia stare, ti sta trollando”.

Traiardare: Impegnarsi al massimo. Dall’inglese ‘Try Hard’, sforzarsi. La parola è presa dal videogioco Fortnite. I tryharder sono i giocatori che cercano la vittoria a tutti i costi, anche con mezzi non leciti.

Aggettivi e nomi, un po’ di nostalgia

Bro: Fratello, nel senso di amico. In voga ormai da anni. “Ehi bro, ci vediamo oggi?”. 

Drip: Stiloso. Apprezzamento rivolto al tipo di abbigliamento o a un capo in particolare che denotano stile. L’arrivo nel lessico dei giovanissimi è pittosto misterioso, visto che in inglese drip significa goccia, sgocciolare.

Fake: Falso. Termine inglese trapiantato nell’italiano, non solo giovanile.

Maranza: Categoria di ragazzi piuttosto ampia, va dal bulletto a quello che anni fa veniva chiamato “tamarro”. Si riconosce dall’abbigliamento: tuta, borsello, scarpe da ginnastica, tutto griffato ma probabilmente falso. È un ripescaggio del passato. Si usava già negli anni 80.

Prank: Scherzo. Termine inglese utilizzato senza adattamenti. Entrato nell’uso comune dei giovanissimi e diffososi grazie ai tanti youtuber, e account Instagram e TikTok, specializzati negli scherzi.

Pro: Molto bravo in qualcosa. Abbreviazione dell’inglese ‘Professional’. Si usa con l’articolo indeterminativo davanti. “Sono un pro”.

Raga: Ragazzi, riferito a un gruppo di amici. “Oh raga, che si fa?”. È un termine che esiste, e resiste, ormai da anni.

Ritz: Uno che ci sa fare con le ragazze. Ingresso nella lingua piuttosto misterioso, nello slang inglese è usato spesso come sinonimo di ‘lusso’ riferendosi ai famosi alberghi.

Skip: Brutto. Da evitare. Dall’inglese ‘to skip’, saltare, andare oltre.