Genova, ponte crollato sull'autostrada A10: "L’inferno davanti ai nostri occhi"

La testimonianza di due varesini, in vacanza in Liguria

SOCCORSI In centinaia al lavoro per salvare i coinvolti nel crollo

SOCCORSI In centinaia al lavoro per salvare i coinvolti nel crollo

Varese, 15 agosto 2018 - «Siamo passati sul viadotto Morandi un paio d’ore prima del disastro», racconta Anna, varesina, sconvolta davanti al ricordo freschissimo di «uno scenario da apocalisse». La donna con il marito si trova in vacanza in Liguria, come moltissimi altri varesotti. Quando il viadotto sulla A10 ieri mattina è crollato di schianto si trovava a 500 metri di distanza in linea d’aria dal luogo del disastro. «Abbiamo sentito un tonfo», racconta. Come un boato, un tuono fortissimo. «Forse l’ho immaginato perché pioveva a dirotto in quel momento». Nell’aria come un brivido, un tremore che sembrava arrivare dalla terra.

Poi all'uscita una scena «che mai nella vita una persona potrebbe immaginare». I due tronconi del ponte spezzato in due, ripiegato su se stesso, che si intravedevano nella nuvola di polvere che ancora non si era del tutto posata. «Macerie ovunque - racconta Anna - una montagna di cemento, asfalto, ferro, calcestruzzi, come fusi tra di loro in un unico corpo accatastato in un luogo innaturale: il terreno. Un ponte è sospeso per definizione: quello che avevamo davanti agli occhi era qualcosa di indescrivibile». Mentre già i soccorritori erano al lavoro, con il ronzare degli elicotteri dei vigili del fuoco, il pensiero è stato unico: «Quante vittime? - dice Anna - Ce lo siamo chiesti per ore. A sperare irrazionalmente che chiunque si trovasse sul ponte al momento del crollo potesse essersi salvato per chissà quale miracolo. Questo diceva il cuore. La testa diceva altro».

E la conferma è arrivata più tardi: «Davanti alla televisione - spiegano i coniugi - ogni telegiornale ovviamente dava la notizia in costante aggiornamento. E si è iniziato a parlare di vittime». La coppia varesina ha appreso dai media della portata dell’accaduto. Davanti al disastro, infatti, lo choc è stato tale che marito e moglie si sono allontanati il più velocemente possibile dal teatro della tragedia. Un segno di rispetto davanti a un dramma di portata vastissima e nei confronti dei soccorritori che lavoravano senza sosta, nel tentativo di raggiungere chi era stato coinvolto nel crollo, il più rapidamente possibile. «Non si può non continuare a pensare - dice Anna - che anche noi tante volte siamo passati da lì. Sarebbe potuto succedere anche in quel momento».