L’evoluzione del Covid in Lombardia: i morti sono sempre più anziani

La regione si conferma la più colpita d’Italia. Ma ora il virus uccide i soggetti più deboli e già debilitati

Coronavirus

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Milano, 8 maggio 2020 - La grande zona rossa d’Italia resta la Lombardia. È qui, fra il Ticino e il Mincio, fra il Po e la Svizzera, che ogni giorno si conta la metà dei contagi di tutto il Paese e la quota principale dei morti. Quando Milano registra un picco, l’Italia sobbalza. Delle quasi 30mila vittime del coronavirus, poco meno di 15mila sono lombarde.

Ieri, 134 decessi, 274 in Italia. Mercoledì, 222 e 369 in tutta la Penisola. L’anomalia resta, nonostante le chiusure, nonostante gli ospedali si svuotino e le terapie intensive allestite in fretta chiudano, pronte a riaccendere i respiratori nel caso l’eccessivo entusiasmo della fase 2, passata al parco senza mascherina, faccia impennare la curva. Perché questo trend non si sia arrestato, nonostante due mesi di ‘arresti domiciliari’, è il tema su cui lavorano gli esperti della Regione. Che ancora non hanno risposte certe, a parte la certezza della circolazione del virus nelle case dove i lombardi erano confinati e nelle Rsa. Resta un fatto che le persone attualmente positive calino ovunque tranne che qui: +262 ieri, contro i -380 dell’Emilia-Romagna, i -255 del Veneto, i -372 della Toscana, i -389 del Piemonte e i -58 della Liguria. Anche sul fronte dei decessi, la Lombardia detiene il primato. Ma dall’arido e lunghissimo foglio informatico in cui ogni giorno vengono annotate età, patologie, e residenza di chi perde la vita, si scopre che i morti non sono tutti uguali. E che il virus sta cambiando, agendo in modo diverso rispetto a qualche settimana fa.

Nell’arco dell’ultimo mese, infatti, il divario generazionale si è allargato. Fra i 24 anni della più giovane deceduta, bresciana, e i 109 della più anziana falciata dal contagio a Cremona passa un mondo. E ora muoiono ancora meno giovani, in proporzione, e più anziani, sempre più vecchi. Al 6 maggio il conto delle vittime era arrivato a 14.612, +24% rispetto ai 11.143 del 13 aprile. Sotto i 30 anni, le vittime erano 4 e sono diventate 5. Lo 0,03% del totale. Un dramma assurdo per le famiglie, in statistica una percentuale ai limiti della rilevabilità. I morti fra i 30 e i 39, invece, sono 23. Erano 21 un mese e mezzo fa: lo 0,15% del totale e una crescita del 9%. Meno della media. Al contrario della quota di vittime fra i 40 e i 49 anni: 139 (+28 dal 13 aprile), con una crescita del 21%, pari all’1% del totale. Sempre sotto media, come pure la crescita nella fascia d’età fra i 50 e i 59 anni, il 3,5% del totale delle vittime. L’aumento è del 22%. Meno del 24% di aumento complessivo. Si riduce, invece, la quota dei sessantenni lombardi che hanno perso la vita. Tra i 60 e i 69 anni sono in totale 1.603 (+234 rispetto ad aprile). La statistica dice +15%. Anche qui, molto meno della media. E si passa dal 12,2% del totale di un mese e mezzo fa all’11%. Anche chi sta fra i 70 e i 79 rischia: 3.265 su 14mila le vittime è in questa fascia. Sono il 30%. Ma fino a un mese e mezzo fa erano il 33%.

È sopra questa soglia che cambia tutto. Chi ha più di 80 anni rischia più seriamente di un mese e mezzo fa. Fra gli 80 e gli 89 anni sta il grosso delle vittime. Sono 5.758 (+1.472 in un mese e mezzo). Ed è questa la prima fascia d’età a crescere: passa dal 38,4% al 39,4%, con un incremento assoluto del 25%. E più sale l’età e più si rischia. Sono 1.873 i lombardi fra i 90 e i 99 anni che il Covid-19 ha ucciso. Erano 919 solo un mese e mezzo fa. Dall’8,7% al 12,8% del totale, per una crescita del 65%. Persone, evidentemente, in età da casa di riposo. Le famose Rsa dove il contagio ha fatto strage. E qui risiedeva anche la gran parte dei 41 ultracentenari morti di polmonite. Ventisette solo dal 13 aprile. Sono appena lo 0,3% di tutte le vittime. Ma sono cresciuti del 65%.