Gigi Radice non solo maestro di calcio

Se n'è andato in silenzio. Inghiottito dall’ombra della malattia

Milano, 8 novembrte 2018 - 

LETTERA

Quando ho saputo che è morto Gigi Radice è stato come tornare indietro nel tempo, a quei campionati che seguivo da ragazzino. Altri tempi, altri uomini. Non riesco a spiegarmi come sia stato possibile che Gigi Radice sia stato dimenticato così presto. È vero, era malato, ma è altrettanto vero che pur avendo portato parecchie novità nel sistema di gioco forse non ha avuto tutti i riconoscimenti che meritava. Non capisco perché uno dei protagonisti dei campionati anni Settanta sia stato subito considerato “d’altri tempi” e archiviato. Alessandro, Monz​a

 

RISPOSTA

Se n'è andato in silenzio. Inghiottito dall’ombra della malattia, l’Alzheimer, ma anche di un mondo - quello del calcio - che entrando nel ventunesimo secolo ha dato un colpo di spugna senza rendere onore a protagonisti che invece avevano saputo portare novità. Il brianzolo Gigi Radice era personaggio schietto, filosofo del gran lavoro e i suoi ragazzi li faceva sudare parecchio, lui cultore del pressing a tutto campo e della zona mista. Nella Torino granata ha lasciato un segno indelebile conquistando il primo scudetto dopo la tragedia di Superga, nel ‘75-‘76, mancando il bis l’anno successivo in un appassionante testa-a-testa con i bianconeri del debuttante Trapattoni nel campionato dei 51 punti a 50: pareva il record dei record, ma il pallone era ancora “di pietra” e la vittoria valeva due punti. Poi altre imprese e altre squadre, sempre con quel carattere che non cercava compromessi, da professionista tutto d’un pezzo, l’ultima panchina “a casa”, a Monza. Era il 1997. La malattia si è manifestata anni dopo, ma è indiscutibile che il “nuovo calcio” lo ha scordato prima. Speriamo si ravveda nell’ultimo applauso. ivano.costa@ilgiorno.ne​t