Brescia, piano cave: ambientalisti sul piede di guerra

Il documento prevede 44 milioni di metri cubi da scavare. Ma per il Tavolo Basta Veleni "sono troppi, il fabbisogno attuale è di 34"

Marco Apostoli

Marco Apostoli

Brescia, 20 febbraio 2020 - Quarantaquattro milioni di metri cubi di sabbia e ghiaia da scavare? Troppi per il Tavolo Basta Veleni, che guarda con preoccupazione al futuro piano cave provinciale. Il documento di scoping, presentato nella prima conferenza dei servizi per la Valutazione ambientale strategica (il 12 febbraio), ha suscitato la reazione degli attivisti del coordinamento di Basta Veleni. "La previsione di 44 milioni di metri cubi, che si afferma rispecchiare il fabbisogno, appare oltremodo eccessiva e trova la sola giustificazione nell’accontentare un comparto estrattivo che ha fatto del territorio bresciano un territorio di buchi che hanno dato manforte anche al settore delle discariche al grido “ogni buca va riempita“".

Il precedente piano cave (scaduto nel 2015 e prorogato in attesa dell’approvazione del nuovo) prevedeva 68 milioni di metri cubi scavabili, ma a causa della crisi, dal 2014 c’è stato un continuo calo di escavazione. Di fatto, ad oggi risultano realmente autorizzati e scavati 34 milioni di metri cubi, il 50 per cento del previsto. Da qui la proposta di Basta Veleni: non autorizzare nuovi Ate (Ambiti territoriali estrattivi), cessare le escavazioni in acqua e prevedere la possibilità di scavare non più di 34 milioni di metri cubi. "Le eventuali necessità che dovessero emergere – sottolinea Marco Apostoli – potrebbero essere affrontate in sede di revisione quinquennale del piano. Per altro, consideriamo che i 44 milioni sarebbero localizzati solo in alcuni comuni nella bassa bresciana".

Per gli attivisti dovrebbe prevalere il principio dell’autosufficienza dei territori, evitando le esportazioni di ghiaia e sabbia verso altre province e regioni. Inoltre, nel fissar la quantità massima, andrebbe considerato anche il ruolo dell’economia circolare, perché terre e rocce da scavo potrebbero rappresentare, se supportati dalla garanzia di un minor impatto ambientale, l’alternativa all’escavazioni di ghiaia e sabbia dal sottosuolo. "Certo che se diventiamo esportatori di ghiaia e facciamo le buche per importare i rifiuti allora tutto è giustificabile", conclude Apostoli.

Il tavolo presenterà le sue osservazioni in fase di Via. Il 15 febbraio si è chiuso il termine entro cui, invece, le aziende potevano presentare le loro richieste. "Siamo alle battute iniziali – risponde Guido Galperti, consigliere provinciale competente per la questione cave – è un tema importante per l’economia bresciana, ci sono imprese ferme perché il piano è scaduto da tempo, c’è la necessità di chiudere la partita entro l’anno. Dall’altro c’è il tema della sostenibilità economica e ambientale. Cercheremo di compensare i due interessi". © RIPRODUZIONE RISERVATA