Papa Paolo VI: canonizzazione domenica 14 ottobre, ma per il Vaticano è già Santo

Sulla lapide che accoglie le spoglie del pontefice bresciano è già inciso "Sanctus Paulus PP. VI"

Papa Paolo VI

Papa Paolo VI

Brescia, 12 ottobre 2018 - Per la canonizzazione di Paolo VI mancano due giorni eppure, stando alla lapide della sepoltura che accoglie le spoglie del pontefice bresciano nelle grotte vaticane, è come se fosse già avvenuta. L'elevazione all'onore degli altari di Papa Montini sarà celebrata domenica, eppure sotto la Basilica di San Pietro, Paolo VI è già a tutti gli effetti Santo. Nel marmo che della tomba del pontefice bresciano nelle scorse ore è già stata incisa la nuova dicitura. E per i turisti non ci sono dubbi: "Sanctus Paulus PP. VI", dizione latina di San Paolo VI Papa. Sempre quest'oggi sulla facciata della Basilica di San Pietro sono comparsi gli stendardi dei sette Beati che domenica diverranno Santi e al centro proprio quella di Paolo VI, non ancora Santo.

CHI ERA - Giovanni Battista Montini nacque nel 1897 a Concesio, in provincia di Brescia, da padre giornalista e madre molto devota. Fu ordinato sacerdote nel 1920, proseguì gli studi a Roma ed entrò presto nella diplomazia vaticana e nella Segreteria di Stato, dove ricoprì l'incarico di "sostituto", cioè numero tre della burocrazia vaticana, dal 1937, pieno fascismo, poco prima della seconda guerra mondiale, fino al 1952, quando fu promosso pro-segretario di Stato, e infine al 1955, quando Pio XII, un po' per allontanarlo, un po' per farlo crescere (chissà se aveva in mente che gli succedesse), lo nominò arcivescovo di Milano. Qui rimase fino all'elezione al soglio pontificio, avvenuta il 21 giugno 1963.

Paolo VI rimase sul soglio pontificio in anni turbolenti (1963-1978), segnati dalla rivoluzione studentesca del 1968 e dai successivi anni di piombo. Aveva intessuto rapporti stretti, già all'epoca in cui era in Segreteria di Stato, con la Democrazia cristiana, che dall'altra sponda del Tevere aiutò a crescere e a diventare protagonista della scena politica italiana. Era amico personale di Aldo Moro, del cui sequestro e del cui assassinio fu spettatore impotente e tormentato. Intellettuale moderno, riformista, cambiò, anche sulla scorta della cattiva esperienza fatta in Curia, molte cose in Vaticano. Abbandonò orpelli antichi come la sedia gestatoria, abolì gli ordini cavallereschi, rivoluzionò l'organigramma vaticano. Mantenne, però, uno stile altero, a tratti imperativo. Fu, soprattutto, il Papa che portò a conclusione il Concilio vaticano II che aveva ereditato da Giovanni XXIII.

I progressisti lo accusarono di aver tradito le aperture giovanee (il Pontefice successivo, che regnò solo 33 giorni, aveva scelto il nome doppio di Giovanni Paolo I proprio per ricomporre questa presunta frattura), i conservatori di aver svenduto la dottrina cattolica alla modernità. Queste contraddizioni segnarono tutti gli ultimi anni tormentati del suo Pontificato. Al punto che monsignor Gianpiero Palmieri, 52 anni, da pochi mesi vescovo ausiliare per il settore Est della diocesi di Roma, lo ha ricordato così, rievocando la propria vocazione: "Quando avevo 6 anni mio padre mi portò a San Paolo fuori le Mura per la Messa di Paolo VI, era il 25 gennaio. Quando il Papa uscì dalla chiesa, e passò vicino a noi, vidi che era scoppiato a piangere, come spesso di fatto faceva. E io chiesi: 'Papà perché il Papa piange?'. E lui rispose: 'Perché ci vuole bene'. Il giorno successivo, a scuola, dissi alla maestra che volevo fare il prete".