La Dinasty dei Bozzoli in lite per la fonderia

Minacce ai clienti in ritardo con i pagamenti, intimidazioni ai dipendenti e i sospetti di Mario sul fratello e il nipote

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È ripreso ieri in Assise, dopo la pausa estiva, il processo per il giallo della fonderia di Marcheno, da cui la sera dell’8 ottobre 2015 sparì uno dei titolari, Mario Bozzoli. Unico imputato – di omicidio premeditato e occultamento di cadavere - è il nipote Giacomo, che si è sempre professato innocente. L’udienza non ha dato spazio solo alla deposizione di Adelio, fratello dello scomparso e padre di Giacomo, che ha negato su tutta la linea le conflittualità tra i due rami della famiglia, e in particolare tra Giacomo e Mario ("Lo hanno sempre rispettato e gli volevano bene"). Ma anche a quelle dell’allora comandante del Nucleo investigativo dell’Arma, il tenente colonnello Alessandro Corda, di un ex operaio, Boateng Collins, presente la sera della scomparsa del suo titolare. E a quelle un paio di dipendenti della fabbrica e di un cliente – tutti testi dell’accusa – che hanno reso conto di uno stile aggressivo e intimidatorio a tenuto a loro dire dall’imputato. Per esempio nei confronti di Ernesto Rossetti, piccolo imprenditore cliente dei Bozzoli, finito a gambe all’aria e indebitato proprio con la fonderia per migliaia di euro, che visse un incubo. Nel giugno 2013 avrebbe subito forti pressioni sia da Adelio ("Al telefono mi disse o paghi o ti sparo"), sia da Giacomo. Entrambi più volte si presentarono da lui con fare minaccioso, e Rossetti li denunciò per questo (e vinse la causa). "Minacciarono anche i miei figli, così andai dai carabinieri". In particolare "Giacomo un giorno si presentò accompagnato da uno straniero, forse un albanese – ha raccontato Rossetti -. Mi disse che la faccenda dei soldi l’avrebbe fatta risolvere a lui".

Con Mario per quel grosso debito invece non aveva mai avuto problemi: "Lui era più conciliante. Quando vi vedevamo mi rassicurava". La figlia Samantha conferma: "Sentìì Giacomo urlare a mio padre ti sparo. La volta successiva, quando tornò, venne a cercarmi e mi disse che quei soldi li avrebbe presi da me e dai miei figli. Io mi spaventai molto per la loro incolumità". E Stefano Rossetti, l’altro figlio: "Giacomo mi disse che mi avrebbe mandato i calabresi". Anche una ex impiegata della Bozzoli, Claudia Epis, che poi si licenziò, ha parlato di "paura" ingenerata dall’imputato per un suo errore amministrativo. "Giacomo e il fratello Alex mi sgridarono in modo molto pesante, tanto che mi spaventai. Giacomo mi aggredì sostenendo che per colpa mia avevano perso un sacco di soldi, aggiunse che avrei dovuto stare attenta a tornare a casa la sera. In quel periodo a volte mi chiedevano di andare nell’interrato a recuperare dei documenti e nella stanza trovano spesso un grosso coltello a serramanico con la lama in vista. Appariva e spariva, il messaggio era chiaramente rivolto a me. Comunque in azienda c’era un brutto clima. I fratelli litigavano sempre con Mario per la qualità dei prodotti e la gestione amministrativa. Sospettava di loro e mi faceva controllare. Ma se tu ti relazionavi con lui o la moglie Irene, venivi cancellata".

Beatrice Raspa