Brescia, i pm sulla scomparsa di Iushra: "L’educatrice va processata"

Era responsabile di Iushra, la bimba scomparsa a Serle

Il padre di Iushra

Il padre di Iushra

Brescia, 17 aprile 2019 - Era sfuggita al suo controllo e di lei non se ne è più saputo nulla. Per la procura Iushra Gazi è morta, inghiottita da una delle cavità carsiche di Cariadeghe, e della tragica fine della undicenne autistica ne deve rispondere l’operatrice della Fopab cui era stata affidata. I pm Donato Greco e Antonio Bassolino chiedono il processo per Roberta Ratti, l’educatrice che il 19 luglio aveva visto la ragazzina bengalese correre e infilarsi nei boschi di Serle. Questione di ore, e depositeranno la richiesta di rinvio a giudizio per omicidio colposo. Ieri sono scaduti i 20 giorni dalla chiusura dell’inchiesta entro i quali la 42enne avrebbe potuto chiedere di essere sottoposta a interrogatorio o presentare memorie, cosa che non è avvenuta. Iushra era stata iscritta dalla famiglia al «Progetto estate» della Fopab, che quella mattina aveva portato 15 disabili in gita a Cariadeghe.

La responsabile dell’esecuzione e dell’organizzazione del progetto, Ratti appunto, aveva «l’obbligo giuridico di garantire la salvaguardia della vita e dell’incolumità fisica della minore a lei affidata», scrive l’accusa, ma non avrebbe «approntato un adeguato controllo, anche personale, della ragazzina, lasciandola libera di muoversi pur sapendo che la stessa a causa della patologia da cui era affetta avesse l’abitudine di allontanarsi e nascondersi dagli operatori, circostanza peraltro che si era già verificata nelle precedenti uscite e nella stessa giornata della scomparsa». Insomma, per «negligenza, imperizia e imprudenza» Ratti non avrebbe impedito che la piccola sfuggisse a lei e ai colleghi da lei coordinati.

La conseguenza è stata la caduta della bimba in una cavità e poi la morte, un evento «dedotto dalla mancanza di ipotesi alternative possibili». Per cercare Iushra era stato messo in campo un imponente dispositivo: 1.500 uomini con cani, droni ed elicotteri per dieci giorni avevano scandagliato l’altipiano. Avevano battuto tutte le piste, comprese quelle dei sensitivi, ma senza esito. «Mia figlia non può più essere lassù», continuava ripetere il padre, Mdliton Gazi, sospettando il rapimento. Anche questa possibilità è stata vagliata dalla procura, che ha riascoltato vecchie conoscenze delle forze dell’ordine e verificato le utenze telefoniche di personaggi già coinvolti in vicende problematiche con minorenni. Senza ricavarne indicazioni utili.