Brescia, fuggite dalla guerra in Ucraina: "La nostra bella Kiev è piena di mine"

Il drammatico racconto di Liudmyla e Tatiana , fuggite dalla capitale sotto i bombardamenti, ora rifugiate insieme ai figli a Cascina Botà

Liudmyla e Tatiana insieme ai figli

Liudmyla e Tatiana insieme ai figli

Brescia - «Non vedono l’ora di tornare, ma sarà ancora lunga. I nostri ragazzi dicono che servirà tanto tempo per rendere sicure le strade, perché i russi, anche se vanno via, lasciano mine ovunque". Un racconto drammatico quello che Liudmyla e Tatiana, con la traduzione di Olga, fanno della situazione a Kiev, la città che hanno dovuto lasciare nei giorni scorsi. Da lunedì sera, con i tre figli (7, 14 e 16 anni) sono a Brescia, dove sono arrivate grazie all’amicizia tra il figlio di Olga e il figlio di Tatiana, Andrea, accolte nella Cascina Botà dall’associazione Telefono Azzurro Rosa. "Quando è iniziata la guerra – raccontano – abbiamo lasciato le nostre case di Kiev, perché subito sono iniziati i bombardamenti, e ci siamo trasferite in un piccolo paesino nelle vicinanze, pensando che fosse più sicuro. In realtà, i russi hanno occupato proprio i paesi vicini alla capitale e li hanno distrutti". Impossibile cancellare le immagini dei corpi ammassati per le strade, che nessuno però si fida a spostare perché c’è il timore che sotto ci siano le mine.

Quando, dopo circa un mese, l’esercito ucraino ha liberato il paese in cui Tatiana e Liudmyla si erano rifugiate con i figli, le due famiglie sono tornate a Kiev per recuperare qualcosa, prima di lasciare il Paese. Le foto, che scorrono sui cellulari, mostrano palazzi sventrati, barricate lungo le strade, ponti fatti saltare dall’esercito ucraino per bloccare l’avanzata dei russi. "Purtroppo manca il cibo, nelle farmacie non ci sono più medicinali. Gli ospedali riescono a curare solo i soldati", riporta Olga. Nel viaggio verso l’Italia, durato tre giorni in auto, non sono mancati segni di solidarietà. "A Budapest abbiamo chiesto due camere, per riposarci, ma il proprietario dell’albergo ce ne ha fatta pagare solo una", spiega Ludmilla. L’illusione di un possibile spiraglio che sembrava essersi aperto martedì dopo le trattative a Instanbul, si è infranta con le testimonianze di chi è a Kiev. "I nostri mariti dicono che continuano a sparare". "Ovunque è pericoloso per i civili – spiega Olga – su Leopoli sono stati lanciati 70 razzi, ma solo 7 sono caduti, perché i nostri soldati sono riusciti a intercettarli". I contatti con chi è rimasto in Ucraina sono costanti, soprattutto attraverso Telegram, mentre nessuno si fida ad usare il bielorusso Viber. A Brescia, ora si sentono al sicuro. "Grazie Italia, per quello che state facendo", ci tengono a dire. "Facciamo quello che vorremmo ricevere anche noi, se ci trovassimo in una situazione simile", sottolinea Ivana Giannetti, presidente Telefono Azzurro Rosa.