Gussago, fatture false e fondi neri: 8 milioni di euro nascosti sottoterra

Nuovi sviluppi nell’indagine che fatto finire in manette 27 persone

Guardia di finanza

Guardia di finanza

Un business di famiglia di proporzioni astronomiche. E in parte tangibili, visto che una montagna mai vista di bigliettoni è stata scoperta sotto terra. Almeno otto milioni di banconote sigillate in buste sottovuoto nascoste accuratamente nelle viscere delle campagne tra Gussago e l’Ovest. Nuovi sviluppi dell’indagine che nei giorni scorsi ha fatto finire in manette 27 persone (22 tra carcere e domiciliari, 5 invece gli obblighi di firma) per un giro di fatture false di oltre mezzo miliardo di euro e un’evasione fiscale di novanta. Carabinieri e guardia di finanza hanno messo le mani su un vero e proprio caveau diffuso. I conti sono ancora in corso e le ruspe, con al seguito cani addestrati e scanner speciali, continuano in queste ore a diseppelire zolle, quindi il bilancio è parziale e destinato a crescere.

Al momento sono stati recuperati almeno otto milioni in contanti. Un tesoro riposto in buste sigillate spinte in fusti infilati a loro volta in pozzetti. Una parte dei fondi neri riconducibili al gruppo, ipotizzano procura e militari, le cui fila erano tirate da una coppia di di Gussago. Giuliano Rossini, 46 anni, e la moglie Silvia Fornari, di 6 anni più giovane, destinatari di una misura cautelare in carcere. La signora si è costituita nelle scorse ore e è a Verziano. Il consorte invece è ancora uccel di bosco. Il pm Claudia Passalacqua e il gip Matteo Grimaldi li ritiengono i dominus di un’associazione organizzatissima, gravitante attorno a un ufficio ricavato in un cascinale di Gussago: all’interno un router Web con cui venivano effettuati i bonifici dalle società cartiere all’estero. Il business consisteva nella movimentazione di fiumi di denaro con triangolazioni costruite sulla base di società di comodo, coperture per acquistare in nero materiale ferroso e non solo. I soldi delle fatture per operazioni inesistenti si ritiene venissero bonificati a pioggia nel mondo - Hong Kong, Romania, Croazia, Polonia, Slovacchia, Ungheria - e poi tornassero a Brescia per mano di spalloni incaricati del trasporto contanti. Una parte, è la tesi dell’accusa, è stata interrata. L’operazione ha coinvolto 77 persone, tra imprenditori, prestanome e faccendieri di Brescia inglobati in una “struttura stabile“, si legge negli atti, nella quale c’erano ruoli precisi e una provvigione garantita del dieci per cento. Tutti per inquirenti e investigatori si rapportavano a marito e moglie. Ma pare fossero protagonisti anche Emanuele Rossini - figlio dei coniugi - e la zia materna Marta Fornari, entrambe ai domiciliari.