Fanghi contaminati, Legambiente chiede i danni

L’associazione ha annunciato di volersi costituire parte civile nel caso degli smaltimenti sospetti

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"Un danno che potrebbe assumere le dimensioni del disastro ambientale, se gli accertamenti verificheranno lo stato di contaminazione dei suoli interessati dagli smaltimenti". Con questa motivazione, Legambiente ha annunciato di volersi costituire parte civile nell’eventuale processo a carico della Wte, azienda bresciana accusata di aver smaltito fanghi contaminati da metalli pesanti, idrocarburi ed altre sostanze inquinanti in 3mila ettari di terreni agricoli tra Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna. Anche il sindaco di Calcinato, Nicoletta Maestri, ha fatto sapere che il Comune si costituirà eventualmente parte civile. L’inchiesta ha già portato al sequestro dei capannoni di Calvisano, Calcinato e Quinzano; saranno valutate poi analisi sui terreni, per capire se sono stati contaminati e se eventualmente gli inquinanti sono finiti in falda. "Non sappiamo ancora quanto grave sia la contaminazione riscontrata nel corso delle indagini – affermano Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia e Stefano Ciafani presidente nazionale – ma certo i quantitativi di materiali smaltiti sono spaventosi, 150mila tonnellate, abbastanza da poterne stendere uno spessore di 1 cm su una superficie vasta il doppio dei laghi di Mantova". Altrettanto grave, per Legambiente, è che la pratica di trasformare i fanghi di depurazione in gessi si svolge in un quadro di totale inadeguatezza delle norme. "Chiediamo ai ministri Cingolati e Patuanelli – conclude Legambiente – di riscrivere, con urgenza, una disciplina che consenta, in primo luogo alle Regioni, agli enti locali e alle agenzie di protezione ambientale, di svolgere le funzioni di programmazione e vigilanza su un’attività industriale che oggi sfugge ai controlli, consentendo enormi margini di profitto ad operatori senza scrupoli".

Federica Pacella