Brescia, confermate in Appello le condanne per l'assalto armato in Austria

Due fratelli avevano tentato una rapina ai danni di due bresciani della Valcamonica

Il tribunale di Brescia

Il tribunale di Brescia

Brescia, 8 gennaio 2019 - Nel novembre del 2017 avevano assalito, armi in pugno. due bresciani della Valle Camonica nel parcheggio di un autogrill lungo l’autostrada austriaca «A2», nei pressi di Worther See, in Carinzia. Pensavano di avere messo le mani su un bottino milionario fatto di denaro contante, ma hanno trovato solo una pesante condanna sia in primo, che in secondo grado. Il colpo grosso in fatti non era andato a segno, ma per quella rapina Mario e Massimiliano Perretta, palermitani di 52 e 46 anni da tempo residenti a Brescia, a febbraio dell'anno scorso erano stati arrestati e a settembre condannati in primo grado a 5 anni e due mesi uno e 5 anni e 3 mesi l'altro. Questa mattina la corte d'Appello di Brescia ha confermato la condanna emessa lo scorso autunno dal gup Carlo Bianchetti  al termine del processo celebrato con il rito abbreviato. 

Con i due fratelli era finito in carcere anche il basista del colpo, il 46enne Salvatore Esposito da tempo residente in Slovacchia e che per quella azione ha patteggiato 3 anni e mezzo di reclusione. Il terzetto aveva preso di mira i due camuni  (un imprenditore di 56 anni e un pensionato di una decina di anni più grande) che stavano rientrando dalla Slovacchia. Armi in pugno e incuranti delle altre persone presenti nel parcheggio avevano portato via due valigie alle loro vittime prima di risalire in auto e fare perdere le proprie tracce. I due bresciani aggrediti, che non si sono costituiti parte civile, quando sul posto era intervenuta la polizia austriaca avevano spiegato che in quelle borse c'erano solo indumenti. Nella loro auto però gli agenti austriaci avevano però ritrovato ricevute per prelievi bancari eseguiti in Slovacchia per circa un milione di euro. Il denaro non era stato portato via dai banditi e non era nemmeno nell'auto delle vittime. Nel corso del processo di primo grado era emerso che i soldi non erano nella vettura presa di mira, ma forse in un altro messo utilizzato dai due camuni per la trasferta in Slovacchia