
Il sindaco di Bergamo Giorgio Gori
Roma, 7 giugno 2016 - Giorgio Gori sindaco Pd di Bergamo, uomo comunicazione di Matteo Renzi fino al 2012, ammette che il premier e segretario dem qualche errore l’ha fatto.
Il più grave? «Mescolare la campagna elettorale sul referendum con quella per le amministrative non è stato utile».
Nelle città rosse ha influito? «A Torino, dove in tanti sono schierati per il No alla riforma costituzionale, questa sovrapposizione di piani non ha aiutato Piero Fassino».
La personalizzazione dello scontro («Se perdo il referendum vado a casa») ha avuto ripercussioni a livello locale? «Non è Renzi che personalizza. Ma il fronte del No. Su questo non c’è dubbio».
Anche gli scontri interni al Pd non danno una mano. C’è chi accusa il premier di essere stato autoritario. «Macché. Anzi, non lo è stato abbastanza».
I risultati delle Comunali per il Pd, comunque, sono deludenti... «Diciamo che non arrivare al ballottaggio a Napoli è un problema».
Anche il sindaco di Bologna, Virginio Merola, fermo sotto il 40 per cento, non è incoraggiante. «E a chi diamo la colpa? All’amministrazione o al Pd? Non è facile stabilirlo».
Da sindaco si sarà fatto un’idea. «A volte si gode di una certa onda positiva, è vero. Io, ad esempio, sono stato eletto sindaco a Bergamo nel 2014. Eravamo reduci dal successo delle Europee...».
Oggi, invece, non è un momento così felice per il Pd? «Il voto nelle grandi città dimostra che ci sono luci e ombre, però il dato complessivo per i dem non è negativo. Senza contare che, a Roma, non era scontato arrivare al ballottaggio».
Avete... non vinto? «In alcune città, penso a Salerno e Cagliari, ce l’abbiamo fatta al primo turno perché il centrosinistra era unito. Anch’io vinsi mettendo insieme tutte le anime: da Sel alla sinistra moderata».
A Roma, Milano, Torino e Bologna la sinistra-sinistra aveva suoi candidati. «Ci sono ancora pezzi di sinistra che vogliono fare testimonianza, con danni evidenti per i candidati dem».
Al ballottaggio che cosa succederà? «Mi auguro che da Stefano Fassina a Roma a Basilio Rizzo a Milano si corregga il tiro».
I fuoriusciti dal Pd e parte della minoranza dem danno la colpa a Renzi di queste spaccature. «Ma no, nel partito si discute tantissimo. Non è più l’epoca del centralismo democratico. Un esempio: la riforma costituzionale, condivisa da tutti. Per questo se qualcuno del Pd voterà contro, sarà una scelta che non sta in piedi».
Lei e Renzi vi siete allontanati nel 2012. Siete ancora distanti? «Renzi è appena venuto a Bergamo ad aprire la campagna referendaria, è stata una giornata importante».
Insomma, vi sentite ancora. «Non tutti i giorni, eh. Del resto lui è più impegnato di me...».