Stamina Due, tutti assolti Salta l’accusa più pesante

Niente associazione a delinquere. Prescritta la somministrazione di farmaci

Migration

di Beatrice Raspa

Nel dicembre 2021 il processo di primo grado si era concluso con sei condanne pesanti. Ieri, invece, i giudici d’Appello hanno sgonfiato il caso, assolvendo tutti dall’accusa di associazione ("il fatto non sussiste") e prosciogliendoli dalla somministrazione di farmaci imperfetti per subentrata prescrizione. Solo per un imputato - Stefano Bianchi - l’episodio di un’infusione praticata nel 2015 è rimasta in piedi, e gli è costata una condanna a cinque mesi. Assai meno comunque dall’anno e mezzo inflitto in primo grado. Si parla di Stamina Due, l’inchiesta sulla controversa cura a base di staminali destinata a pazienti con gravi patologie neurodegenerative che nel 2015 sfociò anche nell’esecuzione di arresti. Cura che per un periodo fu somministrata all’ospedale Civile (e per la vicenda finirono sotto processo a Torino la direttrice sanitaria Ermanna Derelli, l’ex dirigente e referente del Comitato etico Carmen Terraroli, la biologa Arnalda Lanfranchi e il primario di Oncoematologia pediatrica Fulvio Porta, assolti). Stando alla procura dopo lo stop ministeriale gli imputati, legati a una fondazione svizzera (“Gli amici di Raul“) mai costituita, avrebbero continuato a proporre le infusioni mettendo a repentaglio la salute dei pazienti. Le cellule venivano prelevate dal tessuto adiposo con liposuzione, conservate dal laboratorio elvetico Medcell e trapiantate al costo anche tredicimila euro, senza autorizzazioni né garanzie, in luoghi clandestini, per esempio alberghi.

La regia del “gruppo di ciarlatani“ - così l’aveva definito il pm Francesco Carlo Milanesi - era del pediatra triestino Marino Andolina, il braccio destro di Davide Vannoni. Entrambi avevano già patteggiato pene davanti al tribunale di Torino. Andolina però era alla sbarra anche a Brescia con il chirurgo plastico Erri Cippini e i collaboratori Monica Salvi, Stefano Bianchi, Caterina Voldan e il titolare del laboratorio svizzero Peter Edward Keller. Gli imputati si sono sempre difesi sostenendo di non aver mai ingannato nessuno, di non avere reclutato pazienti, ma al contrario di essere stati da loro cercati e pressati per proseguire la cura interrotta. La contestazione di truffa era già stata ritenuta insussistente in primo grado. Ieri è saltata anche quella associativa - la più grave - mentre il resto, risalente a prima del 2015, è andato prescritto, fatta eccezione appunto solo per un’infusione attribuita a Bianchi. Non solo. La Corte d’Appello ha revocato le statuizioni civili e i risarcimenti.