Recuperare da traumi e infortuni: da Dalmine il metodo innovativo

Le nuove frontiere studiate dalla della pmi bergamasca Viktor si basano sulla tecnologia Afesk

Uno dei macchinari della serie Viktor per l'elettrostimolazione

Uno dei macchinari della serie Viktor per l'elettrostimolazione

Un macchinario che va oltre il concetto di elettrostimolazione. Anzi, che capovolge il concetto stesso di elettrostimolazione, partendo da una visione del tutto innovativa: indurre una risposta consapevole nell'organismo. Il metodo Viktor e la tecnologia Afesk (Stimolazione Elettrica Funzionale Adattiva Kinesiterapica) sono partiti dalla Bergamasca per raggiungere strutture sanitaria in tutta Italia. Un metodo e una tecnologia che vengono utilizzati per una riabilitazione fisica dopo un incidente, una malattia, un intervento chirurgico.

In cosa consiste la tecnologia Afesk? "L'elettrostimolazione muscolare fa contrarre il muscolo in questione senza un pensiero riabilitativo dietro, per noi invece la contrazione muscolare è solo la fine del processo - spiega l'ingegnere meccanico Guido Gabbrielli, socio fondatore della Pmi innovativa Viktor insieme a Mario Gabbrielli e al medico Viktor Terekhov -. Il recupero fisico che può avvenire dopo ictus, lesioni, malattie degenerative deriva dal fatto che noi proponiamo a livello elettrico una richiesta di lavoro. La riabilitazione tradizionale è statica, noi facciamo partire una comunicazione verso midollo spinale e cervello e usiamo movimento complesso come traguardo ma anche come fonte. Il paziente è parte attiva, noi potenziamo la richiesta di lavoro verso cervello e midollo spinale".

"Quando l'organismo umano funziona, il sistema muscolare dà degli stimoli e funziona in risposta questi stimoli - aggiunge Gabbrielli -, la nostra tecnologia crea proprio un dialogo fra il sistema nervoso e le funzioni da riabilitare".

Quali sono i campi di utilizzo della tecnologia Afesk e delle workstation VIK16 e VIK8 sviluppati dalla Viktor - che vengono usati anche a Dalmine all'interno del centro riabilitativo dell'azienda - che ne usufruiscono, quindi? "Il nostro sistema può essere usato sia stand alone e quindi come macchinario di per sè sia in relazione alla robotica già esistente" chiarisce l'ingegnere.

Il dato rivoluzionario di questo genere di macchinari, in sostanza, è la partecipazione attiva di tutto l'organismo alla riabilitazione. Non più, quindi, soltanto, una serie di impulsi elettrici diretti dal macchinario alla parte che deve "tornare in forma", ma una vera rieducazione, una sorta di "rinfrescamento" della memoria in merito a quello che quella parte del corpo deve fare.

E il futuro? "La nostra missione principale adesso è aumentare la diffusione delle apparecchiature nella sanità - sottolinea Guido Gabbrielli -. perché una diffusione ampia può essere una chiave di volta per risultati difficilmente ottenibili con altri metodi. Vorremmo estendere i nostri campi d'azione anche allo sport e alla riabilitazione al di fuori delle strutture ospedaliere".