Arzago, perizia psichiatrica sull'operaio che versò acido nel latte per vendicarsi

L'azienda lo aveva licenziato, l'uomo aveva perso la testa

Il tribunale di Bergamo

Il tribunale di Bergamo

Arzago (Bergamo), 16 maggio 2019 - Per vendicarsi di essere stato licenziato, nel marzo del 2015 avrebbe tentato di versare dell’acido nel latte contenuto in un silos dell’azienda agricola per la quale lavorava. Per questo un ex operaio dell’impresa, un indiano di 42 anni, è a processo con l’accusa di tentato avvelenamento di acque o di sostanze alimentari e, in caso di condanna, pur con lo sconto di un terzo sulla pena finale previsto dal rito abbreviato con il quale sarà giudicato, rischia parecchio: «Chiunque avvelena acque o sostanze destinate all’alimentazione, prima che siano attinte o distribuite per il consumo, è punito con la reclusione non inferiore ai 15 anni», recita l’articolo 493 del codice penale.

Il gup Lucia Graziosi, prima di discutere il processo, ha però disposto una perizia psichiatrica che è stata affidata al professor Massimo Biza. La richiesta è stata avanzata dal difensore dell’immigrato, l’avvocato Luca Barcellini, visto che il suo assistito vive in condizioni psicologiche di estrema fragilità, in alcuni casi sfociate in deliri allucinatori, e potrebbe non essere capace di intendere e di volere. Secondo le contestazioni, a monte del gesto del 42enne, o del tentativo di compierlo, ci sarebbe un licenziamento traumatico. Fino a qualche tempo prima dei fatti contestati, l’uomo lavorava come operaio nell’azienda agricola della Bassa. Quale sia stato il rapporto con il titolare della fabbrica non si sa. Resta il fatto che ad un certo punto l’imprenditore decide di chiudere il rapporto con l’indiano e lo licenzia.

L'ulteriore problema per il 42enne operaio è che con il posto di lavoro perde anche il tetto di casa, perchè lì, nell’azienda agricola, l’uomo abitava, dormiva e lavorava. Il licenziamento potrebbe essere stata la molla che ha scatenato la sua reazione? Forse, ma a questo punto entra in gioco anche il profilo psicologico ed emotivo dell’uomo, che nel frattempo si è trasferito a Novara. Il tentativo di versare acido nel silos che conteneva il latte non era andato a buon fine, perché il titolare dell’azienda agricola si era accorto della presenza del secchiello contenente la sostanza nociva nelle mani del suo ex operaio. Il processo, e la risposta all’effettiva capacità di intendere e volere del 42enne, e quindi la sua capacità di affrontare o meno un giudizio, sono rinviti ai primi di ottobre.