
Il corteo che ogni anno ricorda Maria Spina (Canali)
San Donato Milanese, 25 gennaio 2018 - Continua la lunga vicenda giudiziaria di Maria Spina, la giovane mamma oggi 48enne che da più di sette anni è in stato vegetativo permanente a causa del mancato funzionamento del defibrillatore che le era stato impiantato nel 2008. Tre anni fa la sentenza di primo grado, che ha visto la condanna per lesioni colpose gravissime due dirigenti della St. Jude Medical Italia, l’azienda importatrice dello strumento di fabbricazione americana, e il risarcimento provvisionale di un milione di euro a favore della famiglia della donna.
«Una sentenza coraggiosa, rigorosa e innovativa - aveva dichiarato l’avvocato dell’accusa Nicola Brigida -, la prima del suo genere in Italia, che però ha una crepa: avere considerato la malattia cardiaca di Maria una concausa dell’evento nefasto. Riteniamo invece che i produttori del defibrillatore difettoso debbano rispondere interamente del danno irreversibile causato». Ora, la parola passa alla quinta Corte d’appello milanese nel processo che avrà inizio il primo febbraio. Tutto questo però, Maria Spina non può saperlo. Dal 2010 dorme il suo lungo sonno dove forse, come in un sogno, riesce a percepire la presenza di suo marito, Fabrizio Briganti, e dei suoi tre figli Federica, Davide e Alessio che, nel frattempo, crescono accanto a lei, ma senza di lei. «È una vita perennemente sospesa - racconta Fabrizio - e i ragazzi non riescono a farsene una ragione, a elaborare il lutto. Nessuna cifra potrà colmare la mancanza della loro mamma, di quello che avremmo potuto costruire insieme come famiglia. Il danno causato a Maria è irreparabile, ma porto avanti la mia battaglia legale per assicurare che, in futuro, simili casi non possano più ripetersi e altre famiglie non debbano soffrire così atrocemente». Una battaglia portata avanti fra mille difficoltà, anche economiche, affrontate grazie all’aiuto di parenti e amici che si sono stretti intorno alla famiglia non facendo mancare mai il necessario appoggio.
«Maria era molto amata - ricorda Fabrizio - e, come infermiera, aveva sempre un sorriso per tutti. Perderla così, per colpa di un black-out elettrico che avrebbe potuto essere evitato, è stato uno shock devastante non solo per me, ma per tutta una comunità. Ricevere così tanta solidarietà aiuta ad andare avanti. Il nostro è un cammino pieno di fatica, ma credo che mia moglie non ci abbia mai veramente abbandonati e, dal mondo dove ora si trova, vegli sui suoi figli».