"Random", il rap che sa di hardcore: ecco il nuovo album di En?gma e Kaizén

Le squisite sonorità alla Skrillex, sapientemente amalgamate ai testi e all’inconfondibile flow del rapper olbiese, fanno di “Random” un’affascinante scommessa. En?gma: “Sentivo il bisogno di cimentarmi con strumentali differenti, più audaci” di Francesca Nera

Il rapper En?gma

Il rapper En?gma

Milano, 22 febbraio 2015 - Irruento. Impetuoso. Di una foga quasi inaudita. Eppure l’album dei Kaizén insieme a En?gma genera fin dal primo ascolto una sorta di sana dipendenza. Le squisite sonorità alla Skrillex, sapientemente amalgamate a testi di spessore e all’inconfondibile flow del rapper olbiese, fanno di questo progetto un’affascinante scommessa. Sette tracce come taniche di benzina che alimentano quel fuoco - consacrato in casa Machete - di un certo rap che, con la sua carica sfacciatamente hardcore, è stato capace di travalicare i confini di questo stesso genere. Un rap che - nella maggior parte dei casi - ha saputo conquistare le orecchie dei più scettici, ‘l’alternativa’ ad un sentiero così affollato da restarne ormai impantanati. Abbiamo chiesto a En?gma di introdurci a questa strada cominciando proprio da “Random”, l’ultimo dei suoi lavori.

Nonostante l’estrema organicità di suoni e testi avete scelto di chiamare l’album “Random”. Come mai? “In effetti il disco ha una sua coerenza precisa ma conserva in sé un fattore casualità che non va trascurato. Il progetto di Dario e Gabriele (Colaiuda e Deriu, i Kaizén, ndr.) era pronto da tempo ma sentendo il lavoro ho deciso di inserirmi. Ho pensato che sopra quelle basi avrei dovuto scriverci qualcosa. Venendo dal rap classico di ‘Foga’ - il mio ultimo album - ho sentito l’esigenza di cimentarmi con delle sonorità differenti, più audaci”.

Infatti tensione e durezza dei suoni rendono il progetto unico e originale ma al tempo stesso difficile da capire. E’ una scelta consapevole la tua? “Sì, lo è. Qualcuno potrà non comprenderlo ma quello che voglio è evitare di percorrere un’unica strada. Negli anni ho dimostrato di affrontare di tutto con la mia musica: questo atteggiamento riflette anche il mio stato d’animo cangiante, in continua evoluzione”.

La copertina dell'album "Random"

Uno stato d’animo che è anche un nome d’arte… Come mai hai scelto di chiamarti En?gma? “Ho scelto questo nome dieci anni fa, quando decisi di iniziare a scrivere. Il perché sta nel mio modo di essere: molto lunatico e dalla personalità enigmatica appunto. Spesso mi sento dare dell’imbronciato o mi viene detto ‘Perché mi guardi male?’. In realtà è perché tendo a scrutare le persone e ascolto con attenzione ciò che mi viene detto. Questa peculiarità si riflette perfettamente nella mia non voglia di dare agli altri dei punti di riferimento”.

Torniamo a “Random”. Le strumentali sembrano tradire la tua originaria passione che spazia dai Prodigy ai Daft Punk o sbaglio? “Esatto. Ho sempre ascoltato molte cose di quel genere sulla scorta dei Prodigy dei primi anni Novanta fino ai gruppi metal-crossover dei primi 2000. E confesso che tuttora ascolto molto più cose simili che rap americano. Quando nacque Machete (la crew - con tanto di etichetta omonima - di cui En?gma è cofondatore insieme ai colleghi Salmo, El Raton e Dj Slait, ndr.) anche i miei compagni venivano da quel mondo lì e con loro si è subito creata una’affinità particolare. I suoni di ‘Random’ sono comunque più orientati alla dubstep, quasi alla Skrillex per intenderci. Ma posso anticiparti che siamo già al lavoro su sonorità completamente diverse. Giusto per non abbracciare una linea sola e continuare a sperimentare”.

Dall’analisi delle singole tracce si nota un passaggio dai registri più hardcore di “Trash-Talking” a brani come “Habitat” (che ha invece un retrogusto reggae e ricorda un po’ “Antieroi”). Come riesci a spaziare in questo modo da un repertorio ad un altro? “Mi faccio ispirare dalla strumentale. Non amo fare dischi con un unico stato d’animo. Esattamente come ‘Foga’ anche ‘Random’ è un’accozzaglia di umori differenti. ‘Habitat’ parla della natura, è un brano proiettato verso lo spazio, ‘Che ne è stato di noi?’ è più malinconico, mentre “La testa che fa…” è il pezzo dell’album con maggiori tecnicismi. Come vedi c’è un po’ di tutto”.

En?gma e Kainén

Nel brano “Malessere” ricorre la frase “Padrini padroni, signori ladroni...”. Chi sarebbero? “Questo pezzo parla di un malessere ‘intimo’ ma al tempo stesso di un disagio condiviso da molti rispetto a ciò che ci circonda: un mondo troppo spesso soggiogato da un sistema perverso da cui è quasi impossibile sottrarsi, una realtà abitata da ‘Padrini padroni, signori ladroni…’”.

Lo scorso aprile ‘Foga’, a settembre il mega ‘Machete Mixtape vol. III’, ora ‘Random’. Come riesci a trovare il tempo per seguire tanti progetti? “Questi ultimi anni sono particolarmente prolifici per la scena rap e le uscite si susseguono con una frenesia incalzante. Bisogna darsi tanto da fare per ‘restare al passo’ e sostenere ritmi sempre più veloci, purché la quantità non vada a scapito della qualità. In questo periodo comunque c’è tanta altra carne al fuoco…”.

Si è da poco concluso il tour degli insotre. Com’è andata? “Devo ammettere che nonostante si tratti di un progetto di nicchia, con Random abbiamo ottenuto un ottimo riscontro. I Kaizén si trovavano alla loro prima esperienza insieme e questo album è stato una bella scommessa fin dall’inizio. I fan hanno acquistato il disco quasi a ‘scatola chiusa’ ma abbiamo ricevuto svariate attestazioni positive sia dal pubblico che dagli ‘addetti ai lavori’. Per un progetto di questo tipo non era certo una cosa scontata”.

E con il tuo pubblico che rapporto hai? “Cerco sempre di ricordarmi che prima di essere un artista sono stato io stesso un fan. Detto questo, faccio il possibile per rendermi disponibile, a volte al limite dello sfinimento. Mi piace avere un rapporto diretto con chi mi segue e apprezza la mia musica”.

A Milano hai vissuto diversi anni. Quali sono i pregi e i difetti di questa città? “Approdai a Milano per studiare, oggi invece vivo la città per lavoro nonostante sia tornato di stanza ad Olbia. Ho imparato ad apprezzare Milano da studente universitario e non posso negare che questa città mi abbia forgiato, ha ampliato i miei orizzonti e mi ha aiutato a crescere: qui sono diventato uomo. I suoi pregi? E’ la città più internazionale d’Italia, una vera metropoli. Per quanto riguarda i difetti… diciamo che come casa mia non ce n’è”.

francesca.nera@ilgiorno.net