Cinque anni dallo scoppio Eureco: «Ma giustizia non è ancora fatta»

A Paderno il 4 novembre la Messa e un minuto di silenzio per non dimenticare

La tragedia nel 2010

La tragedia nel 2010

Paderno Dugnano (Milano), 2 novembre 2015 - «Cinque anni dopo abbiamo ancor più bisogno di sentire accanto a noi la città. Non dimenticatevi dei nostri morti, sarebbe come ucciderli di nuovo». I familiari delle vittime Eureco oggi hanno paura: troppo silenzio sulla Thyssen milanese: «La gente dimentica».

Il 4 novembre per Paderno non è più solo la giornata dell’Unità nazionale. Da cinque anni è il giorno del dolore, il giorno della tragedia. Nel 2010 una colonna di fumo e fiamme divorò il piazzale dell’azienda di stoccaggio rifiuti di via Mazzini, inghiottendo Sergio Scapolan (63 anni), Harun Zeqiri (44), Salvatore Catalano (55) e Leonard Shehu (38): per loro non ci fu scampo, morirono dopo settimane e mesi di agonia.

Quattro colleghi riuscirono a salvarsi ma da allora devono fare i conti con le cicatrici, con i ricordi, con nuove battaglie. «Giustizia non è stata fatta», ripetono. Dopo la condanna per omicidio colposo plurimo, Giovanni Merlino, all’epoca patron dell’azienda, ha presentato ricorso in Cassazione. Nessuna data è stata segnata sul calendario. I sopravvissuti non sono ancora stati risarciti.

Mercoledì, in concomitanza con il quinto anniversario della tragedia, chiederanno un minuto di silenzio. Insieme ai familiari delle vittime si ritroveranno alle 15,30 nel Parco della Pace, a Palazzolo, dove l’amministrazione comunale ha piantato quattro alberi a ricordo delle vite spezzate. Alle 16.15 nella chiesa San Martino sarà celebrata una Messa dedicata a Sergio, Harun, Salvatore e Leonard.

«Per tutti coloro che non potessero partecipare, chiediamo che nella giornata del 4 novembre si ricordi questo triste anniversario dedicando un pensiero alle vittime e un minuto di silenzio, nel rispetto delle norme nei luoghi di lavoro, perché episodi del genere mai più si ripetano», ricorda in una nota il comitato nato a sostegno dei superstiti e dei familiari.

«L'ultima volta davanti a quegli alberi eravamo quattro gatti – ricorda Antonella Riunno, compagna di Salvatore Catalano, la voce commossa – Non vogliamo soldi, chiediamo solo vicinanza. Perché cinque anni dopo c’è troppo silenzio. Troppa solitudine. È come se non fosse successo nulla. E invece sono morti quattro operai, ed è stata una morte atroce, altri quattro hanno rischiato la vita. Non vogliamo che simili tragedie succedano ai nostri figli».

Aspetto ancora di dire ‘è finita’ ma invece sembra non finire mai – scuote la testa Azzurra Scapolan, che in quel maledetto rogo ha perso il padre Sergio – Mio papà non c’è più, chi è stato condannato invece è ancora a casa sua. Quello che mi manca di più di mio padre è il suo sorriso per me. Lo voglio ricordare come il mio eroe, quello dalla splendente armatura. Il mio grande grande uomo».

Cinque anni fa Azzurra è stata nove notti al capezzale del padre, sperando in un risveglio. Oggi lei, figlia, è diventata madre. Anche Kasem Xhani, il più giovane lavoratore coinvolto nel rogo a 21 anni quest’anno è diventato papà. «Spero solo che mia figlia viva in un Paese migliore – chiude Azzurra – dove la giustizia esista davvero».