Il sopravvissuto dell’Eureco dimenticato: dopo il lavoro perderà la casa

Paderno, avviso di sfratto per Ferit Meshi, il superstite dell'incidente che il 4 novembre 2010 portò alla morte di quattro operai di Simona Ballatore

Ferit Meshi (Spf)

Ferit Meshi (Spf)

Paderno Dugnano, 26 ottobre 2014 - Il campanello di Ferit Meshi, uno dei quattro sopravvissuti dell’Eureco, suona alle 7.30: «Avviso di sfratto». L’ultimo. Entro il 27 novembre dovrà lasciare l’appartamento in cui l’albanese vive con la moglie e i tre figli. Non ce la fa a pagare l’affitto. Dal 4 novembre 2010 la sua vita è stata stravolta: è scampato per miracolo alle fiamme che divamparono nel piazzale dell’azienda di stoccaggio rifiuti di Paderno Dugnano, in cui persero la vita quattro colleghi, Sergio Scapolan, Harun Zeqiri, Salvatore Catalano e Leonard Shehu.

Era stato battezzato «l’eroe dell’Eureco» perché aveva strappato dal rogo Shehu, deceduto quattro mesi dopo, ferendosi alle mani. Meshi ha dovuto convivere con i ricordi, ha perso il lavoro. Avrebbe diritto – secondo il processo di primo grado che si è chiuso nell’aprile 2013 - a un risarcimento, è stata stabilita una previsionale, mai arrivata. «Non so cosa fare, sto perdendo la speranza – racconta, con un filo di voce -. Siamo stati dimenticati».

«La situazione è estremamente complicata – spiega il suo legale, l’avvocato Laura Mara -. Merlino (l’imprenditore condannato, con rito abbreviato, in primo grado a cinque anni di reclusione per omicidio colposo plurimo,ndr) e sua figlia hanno avanzato appello ma non è stato ancora fissato. Con gli altri difensori abbiamo sollecitato per le previsionali». L’assicurazione dell’Eureco intanto non versa nulla ai quattro operai che formalmente lavoravano per la cooperativa Tnt, oggi in fallimento a Napoli. «Speriamo di trovare una sistemazione con l’aiuto dell’amministrazione, abbiamo un mese di tempo - sottolinea Mario Petazzini, del comitato per i lavoratori Eureco -. La situazione è paradossale: a quattro anni di distanza le vittime della tragedia soffrono ancora e non possono far valere i loro diritti».