Badante trovata morta nel Po: "Ha ucciso Dea con uno sparo alla nuca"

Chignolo Po, svolta dopo due anni. L’ex della badante in cella. Il pm: lei lo aveva lasciato

Lavdije Kruja, la donna uccisa

Lavdije Kruja, la donna uccisa

Chignolo Po (Pavia), 18 febbraio 2018 - Ha ucciso l’ex compagna con un colpo di pistola alla nuca perché lei lo aveva lasciato. E poi l’ha gettata nel Po. Secondo la procura di Lodi è stato Franco Vignati – pensionato di 64 anni, ex consigliere comunale e assessore di Chignolo Po (Pavia), eletto tra le fila della Lega Nord – a uccidere il 30 maggio 2016 Lavdije Kruja, per tutti Dea, 41 anni, albanese, mamma di due ragazzi di 19 e 14 anni.

L’uomo ora è nel carcere di Lodi. La svolta sul caso è arrivata dopo un anno e mezzo di indagini. La donna, che lavorava come badante a San Colombano al Lambro (Milano), ma risiedeva a Miradolo Terme, nel Pavese, era stata ritrovata cadavere l’8 giugno 2016 nel Po a Monticelli d’Ongina (Piacenza) dopo essere scomparsa nel nulla. Per il presunto assassino l’accusa è di omicidio volontario e premeditato con l’aggravante dei futili motivi e occultamento di cadavere. Che l’omicida fosse Vignati agli inquirenti era chiaro da quasi un anno. Ma l’arresto è arrivato solo due giorni fa, dopo una trafila giudiziaria che si è chiusa giovedì sera con il rigetto da parte della Cassazione del ricorso del legale dell’ex assessore all’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Riesame (il gip di Lodi a settembre 2017 aveva respinto la richiesta di carcerazione per «prove insufficienti»). Un «femminicidio in piena regola», ha detto il procuratore di Lodi Domenico Chiaro. «C’era il rischio di sottovalutare il caso – ha proseguito –. Invece, sono stati condotti accertamenti a 360 gradi di fronte a un caso estremamente complesso e a un uomo capace di cambiare più volte versione e di manipolare a suo piacimento la realtà».

Vignati non si rassegnava alla fine della relazione, che durava da un anno e mezzo. Il delitto, secondo gli inquirenti, è avvenuto il 30 maggio 2016. Sei giorni prima la vittima aveva lasciato l’uomo, che viveva a casa della donna. Con la scusa di proporle un nuovo lavoro, Vignati l’aveva convinta a un incontro, prima del quale si era recato a casa dell’ex moglie per prendere la pistola calibro 7.62 che deteneva in modo regolare. Un particolare, quest’ultimo, che ha indotto gli inquirenti a contestargli anche la premeditazione dell’omicidio. Con l’auto di Vignati, i due sono andati a Orio Litta, piccolo Comune lodigiano attraversato dal Po, e dopo aver bevuto un caffé si sono appartati in una zona isolata, vicino alla sponda del fiume. Quando la donna gli ha voltato le spalle, il pensionato ha estratto l’arma e ha fatto fuoco. Un’esecuzione in piena regola. Poi l’ha trascinata sulla sabbia fino al Po e l’ha gettata nel fiume, dove è stata ritrovata nove giorni dopo, contro la grata di una diga. Il cadavere era stato riconosciuto giorni dopo dalla sorella di Ladvije solo grazie ad alcuni monili. «Dall’autopsia siamo riusciti a capire l’entità del foro di entrata e di uscita del proiettile», hanno spiegato il procuratore e il comandante della compagnia dei carabinieri di Stradella, Vincenzo Scabotti. A incastrare Vignati, che respinge le accuse, anche la tecnologia Tems, in uso ai carabinieri del Ros, che permette di mappare gli spostamenti di un cellulare e che lo collocano sul luogo del delitto. Un indizio importante, che sarà valutato dal gip di Lodi nell’interrogatorio di garanzia lunedì. «Il mio assistito è estraneo ai fatti. Chiederemo di revocare la misura cautelare», ha detto l’avvocato di Vignati, Francesca Bricconi.