Dreaming Jeans, il mondo a colori scopre la malattia

Dopo avere conquistato Milano, l'artista monzese Roberto Spadea lancia una campagna contro l’anoressia

Spadea all'opera

Spadea all'opera

Monza, 19 novembre 2015 - Dopo avere portato i suoi colori negli angoli più grigi della provincia brianzola, ha conquistato il cuore di Milano. La sua campagna Dreaming Jeans è arrivata al Photoshow, con un’installazione in via Tortona e una ventina di pantaloni colorati ancora appesi sul ponte degli artisti, mentre una sua mostra personale ha occupato i diversi piani del Brian & Barry Building a San Babila.

Roberto Spadea, 55 anni, monzese, geometra e imprenditore prestato all’arte con successo, traccia un bilancio della campagna lanciata nel settembre dell’anno scorso, quando agli angoli delle strade più importanti di Monza così come nelle piazze di maggiore passaggio sono cominciati a comparire i suoi jeans trattati e colorati di giallo, verde, rosso e azzurro. Opere senza titolo o spiegazione che hanno destato la curiosità di tanti.

E più il numero di jeans aumentava e le strade si tingevano dei quattro colori emozionali scelti dall’artista, più la curiosità aumentava, fino a contagiare altre città. "Da quando è partito il progetto ho resinato 250 jeans, ma me ne sono arrivati almeno 400", racconta Spadea, che per le sue installazioni utilizza indumenti usati facendoli rivivere come se fossero modellati su chi li ha indossati fino al giorno prima. "Ho la casa piena di jeans, ma i progetti sono tanti".

Con una novità fondamentale. Nella prossima campagna il colore, simbolo finora dell’arte di Spadea, sparirà per lasciare spazio alla forma, quella essenziale di chi ha gambe e fattezze ridotte al minimo vitale dall’anoressia.

"Mi piace legare i miei progetti alla vita reale - spiega l’artista -. Il progetto Dreaming Jeans era un’occasione per portare la gente fuori dal grigiore quotidiano, il prossimo sarà invece un modo per far riflettere le persone su una malattia così devastante e vicina a tutti".

I jeans perderanno il colore: saranno tutti bianchi. Perderanno anche la leggerezza dei pantaloni svolazzanti appesi nei punti più alti del ponte degli artisti e diventeranno vere e proprie statue, centinaia di gambe bianche riempite di gesso che Spadea intende installare in una piazza.

"Sarà un’iniziativa di valore sociale, vogliamo usare l’arte per trasmettere un messaggio costruttivo. Per questo ci metteremo in contatto con enti e associazioni per cercare di recuperare i jeans di chi ha vissuto l’anoressia, per mostrare ciò che la vita ha svuotato. L’idea è quella di riempire una piazza con questi jeans, fare una mostra non avrebbe lo stesso impatto. La piazza è il luogo ideale per sensibilizzare l’opinione pubblica", spiega l’artista dal suo studio in via Donizetti, dove ospita anche le opere della figlia Beatrice. Un quartier generale che rappresenta il punto d’arrivo di 43 anni di un’attività di famiglia nel campo delle finiture d’interni e delle ristrutturazioni. "Questa è la nostra sede, ma il mio lavoro d’artista mi sta prendendo molto e faccio sempre meno l’imprenditore. Dietro il mio nome però c’è un lavoro di gruppo, con Felice Terrabuio che mi dà una grossa mano nelle installazioni, e Vittorio Raschetti".

Tutto è cominciato con una mostra dell’associazione Streetartpiu, di cui Roberto Spadea è presidente. "Eravamo in centro Monza, ma volevo pubblicizzare la mostra con qualcosa e ho pensato di realizzare un manichino. Da qui sono successivamente passato ai jeans. Ci ho messo sei mesi per capire come renderli rigidi". Per realizzare una delle sue creazioni servono dalle due alle tre ore. "Per prima cosa i jeans vanno riempiti di carta e modellati secondo la forma di chi li ha portati. Poi vanno resinati, passati con un fondo bianco e colorati".

Infine Spadea li marchia con un codice a barre che si è rivelato utile in diverse occasioni per risalire all’artista. "I miei jeans stanno sparendo - dice Spadea -. Appena li installo qualcuno li ruba. Al Photoshow ho beccato un tipo che se ne stava portando via quattro. Ora sul ponte dgli artisti ce ne sono venti, ma confesso che se sparissero non mi dispacerebbe, la prenderei come una dimostrazione di interesse. Il mio vantaggio è che faccio quello che mi piace senza pormi obiettivi economici. Vado avanti a piccoli passi seguendo il mio istinto".