Foreign fighter in Siria: «Italiana nell’Isis, è uno choc». Gli ex vicini di Inzago: Fatima non sembrava più lei

Viaggio a Inzago: «Per noi era Giulia. Da un giorno all'altro si è presentata con il velo nero. Poi il mistero» di Monica Autunno

Maria Giulia Sergio, poi diventata Fatima Az Zahra a Pomeriggio 5 del 2009

Maria Giulia Sergio, poi diventata Fatima Az Zahra a Pomeriggio 5 del 2009

Inzago, 14 gennaio 2015 - Pericolosa, esaltata e presunta terrorista, già in Siria, a combattere la guerra santa dell’Isis. Ragazzina contestatrice, in prima linea nelle occupazioni scolastiche. GiovaneUna foto pubblicata sulla pagina Facebook di Fatima donna gentile, che cuciva da sola i suoi abiti da neoconvertita, e alla negoziante e amica annunciava: «Ho cambiato nome, ora mi chiamo Fatima. Ma per te, se vuoi, sarò sempre Giulia». Ricordi incrociati, ed ecco i molti volti di Maria Giulia Sergio, la ventottenne convertita all’Islam da quarantott’ore la donna più ricercata d’Italia. Di lei si pensa sia approdata in Siria via Turchia, sulle sue tracce ci sono intelligence e Procure. Dopo poche parole rilasciate nelle ore in cui il nome di Maria Giulia Sergio veniva fatto dal ministro Alfano, prima che su Inzago, il comune del Milanese dove la ragazza originaria con la famiglia del Napoletano viveva da anni, piovesse la slavina dei media e si accendessero i riflettori, i genitori della ragazza e la sorella si sono chiusi in uno stretto riserbo.

Tapparelle abbassate e luci spente al primo piano della palazzina in via Garibaldi dove la famiglia abita. Solo un silenzioso andirivieni di vicini di casa, esasperati da una notorietà di cui avrebbero fatto a meno. «Non li vediamo più da quasi due giorni – racconta una donna – e non abbiamo niente da dire». Ma tanta Inzago parla senza problemi di Giulia, trasformatasi da ragazza qualunque in moglie velata, musulmana radicale e totalmente coperta dal niqab nero negli ultimi cinque anni. «Li vedevamo spesso, lei, i genitori – così la titolare di un negozio del quartiere –. Il padre stava ore in piazza, seduto sul muretto o sulla panchina. Lei la si vedeva in giro. Da un giorno all’altro si è presentata tutta coperta, vestita di scuro. Mi ricordo che un giorno è passata qui davanti, e un bambino che giocava in cortile ha detto: ‘Guardate, una zingara’. Lei si è voltata e gli ha risposto: ‘Non sono una zingara, sono islamica’. Ma lo ha detto con gentilezza». Giulia Sergio aveva frequentato l’Itsos a Cernusco sul Naviglio, cittadina vicina. Qui qualche ex compagno la ricorda come una ragazza intelligente, e anche «contestataria»: sempre fra i ranghi se c’era da organizzare un’occupazione, o una manifestazione studentesca. Cuciva, Maria Giulia. E dalla conversione in poi, cuciva gli abiti da sé. Con cura. «Veniva qui a scegliere le passamanerie per i vestiti – ricorda la titolare della merceria del centro, Valentina Mandelli – . Poi il papà tornava a comperare le spolette. Io la ricordo come una ragazza molto dolce. Troppo sensibile, forse. Sono sincera, non riesco a credere a quello che sento in queste ore». Prima lunghi veli colorati, bordati di velluto amaranto e pizzo bianco ricamato. Poi la radicalizzazione, l’abito nero: «Non toccava più i campioni di stoffa con le mani, mi disse di non poter togliere i guanti. Mi ricordo ancora quando mi annunciò che aveva cambiato nome: ‘Ma tu continua pure a chiamarmi Giulia’».

FatimaIncredulità: «Forse, chissà – racconta una conoscente – magari è in Siria, ma per cercare qualcuno. Con qualcuno che conosce». Una presunta estremista islamica in carne e ossa, l’attenzione dei media, i molti interrogativi. In paese c’è chi considera il rischio, ed esprime preoccupazione. Chi trova il sorriso e ironizza: «Tiriamo fuori la Madonna del Pilastrello (icona sacra protagonista di una solenne processione annuale, ndr) e facciamo il giro del paese». Chi invita a non abbandonarsi al pettegolezzo, e a cercare il confronto. Chi rifiuta il talk show sulla presunta terrorista, e riporta l’attenzione, provocatoriamente, su un’altra Inzago, pubblicizzando sulla rete il lavoro e la figura di padre Fabio Motta, giovane, inzaghesissimo, anche lui desaparecido. Perché da anni lavora come missionario in un villaggio della salvezza, nella lontana Guinea Bissau.