Cernusco, lo sciopero del call center

I dipendenti Convergys non vogliono trasferirsi in Sardegna

La protesta dei lavoratori

La protesta dei lavoratori

Cernusco (Milano), 19 novembre 2016 - Trattative chiuse per l’azienda, apertissime per i 220 lavoratori Convergys, il call-center di Cernusco che chiude e si trasferisce a Cagliari. Uno sciopero e una manifestazione per le vie della città hanno riportato in piazza "i licenziamenti mascherati" che tengono banco da più di un mese, in attesa dell’audizione in Regione fissata per giovedì prossimo. Davanti alla Commissione Attività produttive verranno ascoltate entrambe le parti: telefonisti e proprietà. Alla multinazionale americana leader nel settore del servizio clienti con 130mila dipendenti nel mondo sparsi in 32 paesi, verrà chiesto di rendere conto di una scelta sulla quale le istituzioni arricciano il naso. "Non siamo negli States", ripete da giorni il sindaco Eugenio Comincini, che ha incontrato le maestranze e sta facendo pressing su colleghi e governo, per invertire la rotta. "Il nostro futuro è appeso a un filo", dicono le operatrici, il grosso del personale in bilico è donna, con figli piccoli. "È impossibile per loro trasferirsi", spiega Stefania Sorrentino, segretario dello Sla-Cgil, in prima linea sulla vertenza.

Per il colosso del customer care, invece, la partita è chiusa. L’ha comunicato per lettera a tutti, annunciando l’imminente trasloco a scaglioni nella sede sarda. Nessuno degli interessati però accetterà la proposta, definita irricevibile dai sindacati. I lavoratori hanno anche scritto al ministro Carlo Calenda chiedendo l’apertura di un tavolo che affronti la questione prima che sia troppo tardi. "Non ci lasci soli almeno lei", è l’accorato appello arrivato a Roma via mail nei giorni scorsi. Fra le righe, il dramma di chi vede il proprio futuro nero e teme di scivolare nel baratro della povertà. "Se non cambia subito qualcosa, ci ritroveremo tutti in mezzo alla strada", spiegano gli addetti, mentre Cgil e Uil richiamano la dirigenza alla «responsabilità sociale. Un baluardo dal quale non si può prescindere. Bisognerebbe lasciare da parte i margini e pensare agli investimenti».

Un monito che la base spera arrivi anche da Palazzo Lombardia. Striscioni e cartelli, intanto, sono le armi che questo esercito beneducato di madri e padri di famiglia usa sfilando per le vie della città nel tentativo di far breccia nel cuore dell’opinione pubblica. Si guarda alla politica con il fiato sospeso e da lì secondo tutti che verrà, se verrà, la svolta.