Quattro ore con Mahtab in valigia: il video dei «fidanzati diabolici»

La coppia di indiani voleva buttare la donna nel lago di Lecco. Il filmato mai visto

Mahtab Ahad Savoji, la studentessa iraniana uccisa il 26 gennaio 2014

Mahtab Ahad Savoji, la studentessa iraniana uccisa il 26 gennaio 2014

Lecco, 11 febbraio 2015 - Due ragazzi in giaccone nero e il sottopassaggio di una stazione. L’occhio elettronico registra e scandisce i minuti: 27 gennaio 2014, Lecco, le 13 e 43. Chi si è trovato per caso sul loro cammino, quel giorno, avrà forse guardato con curiosità il grosso trolley che lui trascina con fatica. Incerto, precario. Lei gli sta accanto, mai più di un passo da lui, una sentinella: lo guarda, lo ferma se necessario, lo guida. Lui inciampa con quel peso che a volte lo fa barcollare sul ruvido del pavé mentre cerca di raggiungere il binario. Poi improvvisamente si piega, controlla qualcosa in fondo al bagaglio, verso le ruote: la valigia si sta aprendo, scoppia, occorre rimediare. Armeggia con nervosismo per salvare il salvabile di quel pacco, credendosi al sicuro nell’ascensore del sottopassaggio. È impossibile immaginare che ci sia il corpo morbido di una donna di trent’anni completamente nuda – solo una catenina di perline attorno al collo – ripiegato all’interno del trolley di stoffa scura, malamente assicurato con abbondante nastro adesivo attorno alla cerniera. «Per via del sangue», commentano ora gli inquirenti. Sangue che la stoffa robusta non riusciva a trattenere dopo tante ore: ne sono trascorse quasi dodici dall’omicidio, per strangolamento, della studentessa di Brera Mahtab Ahad Savoji, la «donna della valigia» come sarà ricordata dalle cronache. Uccisa la notte del 26 gennaio 2014, chiusa in un trolley e poi gettata, nuda e livida, in un canale del Lido di Venezia in cui sarà ritrovata con solo la catenina al collo. Senza nome.

Per quell'omicidio, consumato in un appartamento di tre vani di via Pericle a Milano, il 9 gennaio scorso è stata condannata a 17 anni Gagandeep Kaur, scagionato invece il compagno Rajeshewar Singh, che risponde solo di occultamento di cadavere. E ieri, per la prima volta, è stato mostrato il filmato che racconta, in quattro minuti ad altissima definizione, un frammento del folle viaggio dei «fidanzati diabolici», come venne ribattezzata la coppia che in dodici ore trasportò i resti di Mahtab dentro il trolley zuppo di sangue e legato con lo scotch, da Milano a Venezia, con tappa a Lecco.

«Sono rimasti quattro ore in città», racconta il comandante della Polizia Locale lecchese Franco Morizio, che quelle immagini – fondamentali – le ha raccolte e visionate per primo. Quattro ore per provare a buttare Mahtab nelle acque del lago, senza però riuscirvi. «Troppa gente». E come si fa a sbarazzarsi indisturbati di una valigia del genere, in pieno giorno? Ma i due ci provano, strenuamente. Non si arrendono, presi dal panico e dalla lucida determinazione con cui agiscono, imponendosi di «restare naturali». Volevano forse sembrare due turisti: una giovane coppia straniera e il loro soggiorno in riva al lago. Invece girano a vuoto forsennatamente, arrancano con quel trolley che nasconde il corpo di una donna marta ammazzata, entrano in un bar e ordinano un caffè, girano per le strade del tranquillo centro lacustre, si riavvicinano al lago, di nuovo si scoraggiano, tornano infine in stazione, esausti e sconfitti. Ma non arresi. La prossima tappa è di nuovo Milano e poi da lì ancora in viaggio, destinazione Venezia, un canale del Lido. Lì finisce Mahtab. Sei giorni dopo Gagandeep Kaur e Rajeshewar Singh saranno arrestati.